Costi da reato. Ai contribuenti la facoltà di sollevare la questione di legittimità costituzionale
Pubblicato il 29 maggio 2011
Con la sentenza n.
27/21/2011, la Commissione tributaria regionale del Veneto invita la Corte Costituzionale ad esprimersi sulla legittimità della norma che prevede l’indeducibilità dei costi da reato, partendo dal caso di specie di un’azienda che era stata coinvolta in una frode carosello con l’emissione di fatture false per non pagare l’Iva, e alla quale era stato vietato dal Fisco non solo di detrarre l’Imposta, ma anche di dedurre i relativi costi, ritenendoli riconducibili al reato.
La Ctr del Veneto ha sostenuto che negli ultimi tempi l’agenzia delle Entrate ha applicato in modo troppo rigoroso la norma sull’indeducibilità dei costi da reato, dando origine ad una serie di diverse interpretazioni anche da parte delle stesse Commissioni tributarie. Il risultato è che per anni, nonostante la presenza della disposizione, gli uffici in sede di accertamento non hanno mai rettificato i costi riconducibili a reato.
Di qui, l’esigenza di un intervento chiarificatore da parte della Consulta, in attesa che venga messa a punto dalla stessa Amministrazione finanziaria una circolare esplicativa sugli effetti della legge n.537/93, che ha introdotto l’indeducibilità dei costi da reato, come evidenziato anche in sede di interrogazione parlamentare in Commissione finanze della Camera, per non incorrere nel rischio di penalizzare eccessivamente l’attività lecita vietando la deducibilità dei relativi costi.
È da sottolineare, infatti, che la sempre più severa applicazione della norma ha fatto lievitare i casi di accertamento e di conseguenza anche il numero dei contenziosi.
Per trovare una soluzione alla questione, la Ctr ha ritenuto opportuno rinviare a nuovo ruolo i procedimenti riguardanti i casi caratterizzati da rettifiche di costi perché riconducibili a reato, in attesa che la Consulta prenda una decisione in materia. Altra soluzione prospettabile, in questo lasso di tempo, è che lo stesso contribuente – in occasione del ricorso introduttivo – possa richiedere autonomamente al giudice di sollevare la questione di legittimità costituzionale.
In attesa che la Corte si pronunci sulla questione, potrebbe essere utile anche che la stessa agenzia delle Entrate assuma delle posizioni meno radicali nell’applicare la norma in questione, invitando gli uffici – in ipotesi di accertamento induttivo – a non tener conto della legge n. 537/1993, dato che la stessa proprio perché riferita alla ripresa dei costi riconducibili a reato ha una chiara collocazione nella rettifica analitica e non in quella induttiva. Ulteriormente, sarebbe sufficiente che gli uffici facessero una breve disamina dei reati segnalati per accorgersi che gli stessi sono del tutto inesistenti se non addirittura prescritti. L’auspicio è che l’intervento della Consulta avvenga al più presto, considerati i non pochi problemi che l’applicazione della citata norma ha creato ai contribuenti.