Costi black list al test esclusioni

Pubblicato il 15 giugno 2009 L’indeducibilità dei costi black list, derivanti cioè da operazioni intercorse con soggetti localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata è previsto nel nostro ordinamento ai sensi dell’articolo 110, commi da 10 a 12-bis, del Tuir. L’indeducibilità dei costi può essere evitata se l’impresa residente in Italia riesce a provare lo svolgimento in via preliminare di un’effettiva attività commerciale del fornitore estero localizzato in un Paese inserito nella “black list”. Ciò, infatti, costituisce un'esimente dall’applicazione della norma antielusiva e tale facoltà può essere esercitata in sede di interpello, fornendo la prova della circostanza esimente in sede di accertamento, dato che è obbligo degli uffici finanziari, prima di procedere all’avviso di accertamento, di notificare all’interessato un apposito avviso con il quale è concessa la possibilità di fornire le prove predette. L’Amministrazione finanziaria ha elencato una serie di documenti che potranno essere richiesti ai fornitori esteri al fine di attestare l’effettivo svolgimento dell’attività commerciale, quali: lo statuto sociale, l’iscrizione al locale registro delle imprese, la normativa e le delibere disciplinanti gli organi sociali e le loro attività, la nomina di amministratori e l’attribuzione di relativi poteri, il prospetto descrittivo dell’attività svolta, del numero dei dipendenti, della disponibilità di locali ad uso civile o industriale e della stipula di contratti e utenze. Non meno importante è l’ultimo bilancio pubblicato, dal quale possono essere dedotte una serie di informazioni molto utili: l’esposizione di ricavi apprezzabili, l’esistenza di clienti e fornitori, di disponibilità finanziarie, di debiti e crediti, di rimanenze. Tutte queste indicazioni richieste dalla prassi amministrativa sono esemplificative e non esaustive, dal momento che l’istante è tenuto a presentare anche altri documenti comprovanti la condizione richiesta ai fini della disapplicazione della norma. L’obiettivo è sempre quello di dimostrare lo svolgimento dell’attività commerciale del fornitore estero e per far ciò non è sufficiente soffermarsi sulla singola vicenda contrattuale nella quale il committente residente è coinvolto, ma l’ordinaria attività della società estera. Così, se in un primo momento si è ritenuta sufficiente, ai fini della disapplicazione della norma antielusiva, la dimostrazione del possesso da parte del soggetto estero di “una struttura organizzativa idonea a svolgervi un’effettiva attività”, poi si è posto l’accento sul fatto che la partecipazione nel territorio estero sia stabile e continuativa. Seguendo il più recente filone intepretativo, infatti, si è ribadito che “l’impresa estera si potrà considerare effettivamente localizzata in territorio a fiscalità privilegiata in quanto abbia stabilito con quel territorio rapporti di tipo economico, politico, geografico e strategico”. Dunque, ai fini del riscontro dell’attività commerciale è necessario verificare che l’impresa risulti effettivamente radicata nel territorio estero, in modo da partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di quest’ultimo.
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