Corte Ue: norma italiana Iva da riscrivere per le note di variazioni collegate alle procedure concorsuali

Pubblicato il 24 novembre 2017

L’articolo 26 del Dpr 633/1972 è contrario al diritto europeo in quanto subordina la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto all’infruttuosità di una procedura concorsuale che può durare più di dieci anni.

In discussione la riduzione della base imponibile Iva a fronte di mancato pagamento

E’ quanto afferma la Corte di giustizia europea nella causa C-246/16 analizzando il contenuto dell’articolo 26 del Dpr 633/1972, in una lite tra un contribuente italiano e l’agenzia delle Entrate in merito ad un avviso di accertamento per l’anno fiscale 2004, riguardante la riduzione della base imponibile dell’IVA.

La discussione verte sul comma 2 dell’art. 26 che non permette la riduzione della base imponibile, attraverso il meccanismo della nota di variazione in diminuzione, nell'ipotesi di mancato incasso del corrispettivo, salvo che il credito del fornitore rimanga insoddisfatto all'esito di procedure concorsuali o di procedure esecutive.

Il giudice del rinvio fa presente che tale disposizione è stata costantemente interpretata dall’amministrazione e dalla magistratura nel senso che, affinché sia ridotta la base imponibile in caso di non pagamento, il soggetto passivo deve fornire la prova dell’infruttuosità delle procedure concorsuali, e ciò accade solo alla scadenza del termine impartito per presentare osservazioni su un eventuale piano di riparto oppure, in mancanza di piano di riparto, quando sia scaduto il termine per proporre reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento.

Pertanto, la domanda posta alla Corte di giustizia europea è se l’articolo 11, parte C, paragrafo 1, secondo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può subordinare la riduzione della base imponibile dell’IVA, in caso di non pagamento totale o parziale, all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una simile procedura possa durare più di dieci anni.

Per avere certezza dell’irrecuperabilità del credito non si può attendere 10 anni

La Corte Ue si è soffermata quindi ad analizzare se un meccanismo di riduzione della base imponibile come quello oggetto del procedimento sia giustificato.

Scopo della deroga al diritto di riduzione della base imponibile prevista dalla norma comunitaria è quello di tenere conto dell’incertezza intrinseca al carattere definitivo del non pagamento di una fattura. Quindi il soggetto passivo viene privato del suo diritto alla riduzione della base imponibile finché il credito non presenti un carattere definitivamente irrecuperabile.

Lo stesso fine – sostiene la sentenza C-246/16 del 23 novembre 2017 - potrebbe essere perseguito dando luogo alla riduzione quando il soggetto passivo segnala l’esistenza di una probabilità ragionevole che il debito non sia saldato, pur correndo il rischio che alla fine il pagamento avvenga comunque. Spetterebbe, quindi, alle autorità nazionali stabilire quali siano le prove di una probabile durata prolungata del non pagamento che il soggetto passivo deve fornire in funzione delle specificità del diritto nazionale applicabile.

Cio è valido ancor più quando si è di fronte al caso della norma italiana dove la certezza della definitiva irrecuperabilità del credito può essere acquisita, in pratica, se non dopo una decina di anni. Un tale lasso di tempo rappresenta per gli imprenditori uno svantaggio in termini di liquidità rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri, in contrasto con l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla sesta direttiva.

In conclusione uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’IVA all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni.

Quindi, ora, l’Italia dovrà mettere mano alla norma interna sulle note di variazioni IVA collegate alle procedure concorsuali.

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