Con sentenza n. 121/2019, la Corte Costituzionale si è espressa sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, del Decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi).
Nella pronuncia si evidenzia che nell’ambito della delega per il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti privati e pubblici, con riguardo alla previdenza nel settore agricolo, è stato stabilito tra l’altro, il principio e criterio direttivo della “razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e di accertamento e riscossione dei contributi, al fine di una migliore efficienza del servizio e del rafforzamento delle misure contro le evasioni e le elusioni”.
Ciò è avvenuto ad opera del Dlgs. n. 375 del 1993, concernente la “razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi”, che all’articolo 8 reca, appunto, la disciplina dell’accertamento dei contributi dovuti per i lavoratori dell’agricoltura.
In particolare, il comma 2 stabilisce che, ai fini del raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupata acquisiti sulla base delle risultanze del collocamento, gli ispettori procedono ad una stima tecnica, con la quale determinano il numero delle giornate di lavoro occorrenti in relazione all’ordinamento colturale dei terreni, al bestiame allevato, ai sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, ai periodi di esecuzione dei lavori, nonché alle consuetudini locali.
Inoltre, l’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate di lavoro determinate mediante la stima tecnica è consentita solo in presenza di due condizioni:
Se sussistono tali condizioni, l’Inps procede all’imposizione dei contributi, liquidandoli sulla base delle retribuzioni medie.
Alla luce di tale disposizione normativa, la Consulta ha ritenuto infondate le questioni sollevate dalla Corte di Appello di Roma, dichiarando legittimo l’art. 8 comma 3 del DLgs. 375/93 rispetto all’art. 38 della Costituzione, che sancisce il diritto alla previdenza e all’assicurazione sociale.
L’Istituto previdenziale può, così, imporre al datore di lavoro contributi per un numero di giornate superiori risultanti da stima tecnica, senza pregiudicare la tutela dei lavoratori.
Pertanto, secondo la sentenza n. 121 del 17 maggio 2019, l’accertamento dei contributi previdenziali agricoli basato non più su criteri presuntivi, ma sulla stima tecnica del fabbisogno di manodopera dell’azienda (previsto dall’articolo 8, comma 3, del decreto lgs. n. 375/1993, con successive modifiche) non pregiudica la tutela previdenziale dei lavoratori e non viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza.
In particolare, la Consulta afferma la piena compatibilità tra l’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate determinate mediante valutazioni tecniche e la tutela previdenziale.
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