Il provvedimento del Garante della Privacy 8 maggio 2014, recependo le finalità della Direttiva 2009/136/CE del 25 novembre 2009 la quale al considerando 66 chiariva che “possono verificarsi tentativi da parte di terzi di archiviare le informazioni sull'apparecchiatura di un utente o di ottenere l’accesso a informazioni già archiviate, per una varietà di scopi che possono essere legittimi (ad esempio alcuni tipi di marcatori, «cookies») o implicare un’intrusione ingiustificata nella sfera privata (ad esempio software spia o virus). Conseguentemente è di fondamentale importanza che gli utenti siano informati in modo chiaro e completo quando compiono un’attività che potrebbe implicare l’archiviazione o l’ottenimento dell’accesso di cui sopra. Le modalità di comunicazione delle informazioni e di offerta del diritto al rifiuto dovrebbero essere il più possibile chiare e comprensibili. Eccezioni all'obbligo di comunicazione delle informazioni e di offerta del diritto al rifiuto dovrebbero essere limitate a quei casi in cui l’archiviazione tecnica o l’accesso siano strettamente necessari al fine legittimo di consentire l’uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente” ha introdotto molteplici novità in tema di cookie.
In primo luogo il provvedimento del Garante ha specificato la distinzione fra:
L’applicazione di questo provvedimento, in realtà, lasciò molti dubbi e confusione, pertanto, il 5 giugno 2015, il Garante fu costretto ad emanare un nuovo documento chiamato "Chiarimenti in merito all'attuazione della normativa in materia di cookie" dal quale si può ricavare la seguente ripartizione di obblighi in capo al titolare del sito o blog in base al tipo di cookie usato:
L’applicazione della normativa comporta per il gestore del sito/blog che abbia cookie analitici di terze parti ovvero di profilazione di prime parti, un esborso di 150 euro una tantum di costi di segreteria legati all'invio della notificazione al Garante. Si badi bene che la notifica deve avvenire per via telematica attraverso l’uso di dispositivi di firma digitale o presso terzi intermediati muniti di detto strumento. Dunque un ulteriore costo in capo al soggetto debole della catena ovvero il gestore del sito o del blog.
Tuttavia la gestione e la stessa creazione dei cookie è chiaramente svolta da soggetti terzi rispetto agli utenti medi. Questi ultimi, probabilmente, non avranno neppure le conoscenze tecniche per capire l’uso finale dei differenti tipi cookie. Dunque perché non attribuire tali costi agli ISP fornitori dei servizi?
Ancor più critica appare la possibilità, in capo al gestore del sito, di capire se i soggetti terzi che eseguono attività analitiche usino oppure no sistemi che riducano il potere identificativo dei dati, così come capire se non li intreccino con altre banche dati già di loro possesso. Si noti che in base a questa distinzione può sorgere l’obbligo di notificazione al Garante.
Un esempio può chiarire la questione: poniamo che nel nostro sito sia inserito il link di un video proveniente da altri siti e che lo stesso, come di regola, preveda un proprio cookie, quale sarà la finalità di detto cookie? Potrà essere usato da ulteriori terze parti? Garantirà l’anonimato?
In ogni caso, se vi fosse la mancata od erronea notificazione al Garante, il gestore del sito rischierebbe sanzioni fra i 20.000 ed i 120.000 euro.
Appare lecito porsi il problema sulla gestione, da parte dell’Autorità Garante, del registro unitario con tutte le informazioni estrapolate dai cookie di siti italiani. Può risultare infatti decisamente pericoloso l’uso di un registro, fra l’altro telematico, recante una inimmaginabile quantità di dati di profilazione dal valore inestimabile ai fini commerciali.
Sembrano palesi due timori: da un lato i grandi colossi del web sarebbero disposti a pagare cifre folli per aver tali dati e ciò potrebbe portare a pericolose fughe di notizie; dall'altro un hacker potrebbe penetrare nel sistema che, benché certamente ben protetto se non supportato da costanti adeguamenti tecnologici (non da ultimo la divisione del registro in più parti) comporterebbe gravissimi problemi.
Infine, visto che oramai per navigare in internet si è costretti ad accettare le informative previste nei banner dei siti visitati, spesso senza neppure leggerle più, si può davvero dire che siamo consapevoli di dove finiscano i nostri dati e quali siano le finalità? (PELUSO)
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