Va escluso che l'Amministrazione finanziaria possa emettere cartella di pagamento da controllo automatizzato della dichiarazione nei casi in cui sia in rilievo, non già un errore materiale o di calcolo, ma l'interpretazione di una disposizione normativa.
Difatti, l'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli articoli 36 bis del DPR n. 600/1973 e 54 bis del DPR n. 633/1972 è ammissibile solo se quanto dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, ossia sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo.
Con questa modalità, per contro, non si possono risolvere questioni giuridiche.
Ne discende che il disconoscimento, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di un credito d'imposta non può avvenire tramite l'emissione di cartella di pagamento che non sia preceduta da un avviso di recupero di credito d'imposta o quanto meno bonario.
E' quanto sottolineato dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 9759 dell'11 aprile 2024, nel pronunciarsi sulla vicenda di una società contribuente, raggiunta da una cartella di pagamento.
La cartella di pagamento, in particolare, era stata emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi.
Con la detta cartella, l’Amministrazione finanziaria pretendeva di procedere con il recupero di crediti d'imposta asseritamente non spettanti:
La contribuente si era rivolta ai giudici tributari, lamentando di non aver ricevuto la preventiva comunicazione di irregolarità e sostenendo, nel merito, di aver correttamente calcolato, secondo il metodo storico, l’IRES dovuta in acconto, i cui importi non erano stati versati per effetto della richiamata sospensione dei termini.
La CTR, riformando la decisione di primo grado, aveva accolto le ragioni della società e dichiarato la nullità della cartella di pagamento impugnata.
L'Agenzia delle Entrate si era quindi rivolta alla Cassazione, avanzando un unico motivo di ricorso con cui si doleva della violazione e falsa applicazione della normativa sopra richiamata.
Secondo la ricorrente, il recupero effettuato dall’Ufficio finanziario, consistente nel disconoscimento del credito per acconti sospesi superiori all’imposta dovuta a saldo, non presentava profili di rilevante complessità, essendo, di fatto, assimilabile al recupero dell’imposta dichiarata e non versata.
Nella predetta circostanza, quindi, sarebbe stato del tutto superfluo procedere con il contraddittorio con il contribuente.
Diverse le conclusioni cui sono giunti gli Ermellini.
Nella propria disamina, la Sezione tributaria della Cassazione ha rammentato come il potere attribuito agli Uffici finanziari dall'art. 36 bis richiamato, di procedere alla liquidazione delle imposte avvalendosi di procedure automatizzate, è esercitabile solo quando l'errore sia rilevabile ictu oculi a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate.
Si tratta di casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, che non necessitano di istruttoria e sono emendabili dall'Amministrazione anche a vantaggio del contribuente.
Nelle ipotesi, invece, in cui è necessaria un'indagine interpretativa della documentazione allegata, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata, la menzionata disposizione non è applicabile.
Solo un atto d'accertamento esplicitamente motivato, infatti, è idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico giuridico seguito dall'Amministrazione nella diversa determinazione dell'imponibile ed a metterlo in condizione di potersi adeguatamente difendere.
L'Amministrazione finanziaria, ossia, non può far ricorso alla previsione di natura eccezionale di cui all'art. 36 bis - che non tollera applicazioni estensive ad ipotesi diverse indicate da tale norma (errore materiale o di calcolo) - quando, al di là del necessario riscontro cartolare, sia necessario qualificare fatti o rapporti, mediante ad esempio l'ausilio di circolari, che esigono comunque una specifica procedura di accertamento.
Nel caso esaminato, era corretto quanto considerato dalla CTR.
Era sorta una questione interpretativa, non assistita da precedenti di legittimità, in ordine al rapporto tra due provvedimenti del Direttore dell’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate.
Tale questione incideva direttamente sull’appostazione dei crediti in dichiarazione.
Era incensurabile, di conseguenza, quanto concluso dalla CTR in ordine alla necessità della previa notificazione del cd. avviso bonario.
Da qui il rigetto del ricorso dell'Agenzia delle Entrate.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".