Dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione sono giunti chiarimenti in materia di Politica agricola comune (PAC) dopo che alle stesse erano state rimesse, dalla Prima sezione civile, alcune questioni di massima di particolare importanza.
Questo nell'ambito di una controversia in cui una società agricola aveva avanzato un’azione di accertamento negativo del diritto della regione Lombardia di recuperare, mediante compensazione, una parte degli aiuti comunitari versati in suo favore per gli anni 2015 e 2016, in base al calcolo eseguito da Agea ai sensi del Regolamento Ue n. 1307/2013 e del DM Politiche Agricole n. 6513/2014, per le imprese in zone svantaggiate.
Alle SS. UU., in particolare, era stato chiesto:
Con sentenza n. 31730 del 15 novembre 2023, le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno fornito la loro soluzione.
Rispetto alla prima questione, gli Ermellini hanno chiarito: la controversia che afferisca alla revoca del contributo in agricoltura, sia quale asserito effetto di un errore dell’autorità nazionale, sia quale effetto del ricorso all’istituto della riduzione lineare, è sempre devoluta al giudice ordinario.
Difatti - hanno precisato - l’esigenza di procedere alla revoca e/o al recupero del contributo anteriormente concesso è priva di margine di valutazione discrezionale da parte dell’autorità nazionale di coordinamento, tenuta solo a verificare l’esistenza del presupposto direttamente fissato dalla legge.
Rispetto agli ulteriori aspetti, le Sezioni Unite hanno formulato i seguenti principi di diritto:
"Nell’ambito delle finalità della cd. PAC (Politica agricola comune) il Regolamento (UE) n. 1307 del 2013, disciplinando l’istituto dei pagamenti diretti, impone che gli importi destinati al finanziamento in agricoltura siano rispettosi dei massimali annui stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1306 del 2013, così che l'importo totale dei pagamenti diretti, concedibili in uno Stato membro per un dato anno civile, non può esser superiore al corrispondente massimale stabilito nell'allegato III del Regolamento citato".
Di conseguenza - si legge nella decisione - qualora l'importo totale dei pagamenti diretti da corrispondere in uno Stato membro sia superiore al massimale stabilito, è obbligatorio per l’autorità nazionale di coordinamento (per l’Italia, Agea) praticare una riduzione lineare degli importi di tutti i pagamenti diretti, ad eccezione di quelli concessi a norma dei Regolamenti Ue n. 228/2013 e n. 229/2013.
E a seguire: "La riduzione lineare è suscettibile di essere eseguita anche dopo il pagamento del contributo...".
La predetta riduzione - si legge nelle conclusioni delle SU - non è confondibile con la mera rettifica degli importi corrisposti per effetto di un semplice errore di calcolo commesso in fase di erogazione, "sicché a essa non si applica la regola tratta dal Regolamento (UE) n. 809 del 2014 (art. 7) secondo la quale il contributo non può essere recuperato ove sia stato effettuato per errore dell’autorità competente o di un’altra autorità e se l’errore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal beneficiario".
Per finire, la precisazione secondo cui "accertare se nel concreto si sia dinanzi all’una o all’altra delle situazioni dette spetta al giudice del merito, e la relativa valutazione resta insindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata".
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