La regolare tenuta della contabilità non esclude l’accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e confermando l’avviso di accertamento notificato ad una s.r.l. in liquidazione, con cui l’ente finanziario aveva rideterminato induttivamente il maggior reddito imponibile e, conseguentemente, previsto maggiori imposte a titolo Iva ed Irap, oltre a sanzioni ed interessi.
In materia di accertamento dell’Iva - precisa in particolare la Corte - il ricorso al metodo induttivo è ammissibile anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, ai sensi dell’art. 54 D.p.r. 633/1972, il quale autorizza l’accertamento anche in base ad altri documenti, scritture contabili (diverse da quelle previste dalla legge), altri dati o notizie raccolti nei modi prescritti dalla legge medesima, potendo le conseguenti omissioni, false o inesatte indicazioni essere indirettamente desunte da tali risultanze, ovvero, anche mediante acquisizione di presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.
Pertanto la regolarità formale della contabilità non risulta essere canone ermeneutico corretto per l’applicazione della sopra menzionata normativa ed ha errato – nel caso di specie - la Commissione tributaria regionale (la cui pronuncia è stata appunto cassata) nel porla quale unico fondamento della sua decisione.
La Ctr infatti – concludono gli ermellini con sentenza n. 3279 del 19 febbraio 2016 – si è limitata a valutare esclusivamente la relazione con cui il Commissario giudiziale dava atto della regolare tenuta formale della contabilità, senza assolvere l’onere di esaminare gli ulteriori elementi raccolti dall'Amministrazione finanziaria a sostegno, viceversa, della inattendibilità di detta contabilità.
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