Conflitto di interessi, niente diffamazione
Pubblicato il 06 febbraio 2015
La sussistenza di una "certa situazione di
conflitto di interessi" non porta all'integrazione del reato di
diffamazione, quando oggetto degli “
attacchi” presumibilmente diffamatori, sia un gruppo imprenditoriale, al momento dei fatti, strettamente collegato ad un partito politico.
Si rientra, in tal caso,“
nei limiti della critica politica”,
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n.
2018 depositata il 5 febbraio 2015, in rigetto del ricorso di una Spa contro un quotidiano giornalistico.
Quest’ultimo, in particolare, aveva pubblicato alcuni articoli nella propria testata, dal contenuto – a detta della società ricorrente –manifestamente
diffamatorio nonché integrante
concorrenza sleale.
Ha sostenuto, innanzitutto, la Cassazione come nel caso di specie non sussistesse concorrenza sleale, poiché quest'ultima presuppone l’esistenza di due o più imprenditori che svolgano il contemporaneo esercizio della stessa attività industriale o commerciale, in ambiti territoriali almeno potenzialmente coincidenti.
E nella fattispecie, non poteva esservi concorrenza tra una testata giornalistica ed un gruppo imprenditoriale la cui ampia e ramificata attività non era riconducibile al solo settore dell’informazione.
La Suprema Corte, in tale contesto, ha poi confermato l'esclusione della diffamazione riconoscendo che, nella specie, si rientrasse nei limiti della critica politica; ciò tenendo anche conto dell’esistenza di un certo “
conflitto di interessi”, in quanto, in quel determinato momento storico, al centro dei dibattiti, vi era la convinzione di una stretta interazione tra il gruppo imprenditoriale in questione ed un determinato partito politico, il cui esponente, tra l’altro, si trovava al vertice del gruppo medesimo.