Confisca illegittima se c'è rateazione

Pubblicato il 08 luglio 2016

Dopo la riforma fiscale ex Dlgs 158/2015, che ha introdotto una disciplina specifica per la confisca in materia di reati tributari, dal 2015 non può essere più disposta la confisca sui beni del contribuente in caso di preventivo accordo con il Fisco con conseguente sottoscrizione di un piano di rateazione per il pagamento dell’imposta dovuta.

A sancirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28225 del 7 luglio 2016, con la quale è stato accolto il ricorso di un imprenditore accusato di dichiarazione infedele.

Motivazioni della difesa

La difesa del contribuente - legale rappresentante di una società contro il quale era stato spiccato un provvedimento di confisca per oltre 200 mila euro - ha chiesto il dissequestro sottolineando, in primo luogo, la mancata e preventiva escussione del patrimonio aziendale (cosa che ha prodotto un vizio nella sentenza) e, poi, usando come argomentazioni per invalidare la misura il nuovo articolo 12-bis del Dlgs 74/2000.

Nuova disciplina della confisca in materia di reati tributari

La Suprema Corte accogliendo il ricorso dell'imprenditore ha fornito spiegazioni sulla nuova norma introdotta dal Dlgs n. 158/2015 relativamente alla confisca in materia di reati tributari.

La specifica disciplina prevista nell'articolo 12-bis prevede, infatti, che in caso di condanna o di applicazione della pena per uno dei delitti previsti dal Dlgs 74/2000 “è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Inoltre, la confisca non può essere disposta per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario in presenza di un semplice accordo sulla rateizzazione e anche in assenza di un sequestro preventivo. Viceversa è sempre disposta in caso di mancato versamento.

Conclusioni della Suprema Corte

Per i giudici di legittimità, quindi, è sufficiente l'assunzione di un impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda), a impedire la confisca sia diretta in capo all’ente, sia per equivalente in capo al legale rappresentante.

L'impegno preso risulta di per sé in grado di dimostrare l'interesse al recupero delle somme evase (o non versate) che dovrebbero essere ugualmente ottenute dall'esproprio dei beni del contribuente, in caso di confisca diretta, o dell'imputato, se diverso, in caso di confisca per equivalente.

La novità della sentenza n. 28225/2016 sta nel fatto che, mentre in passato la Corte sembrava favorevole alla confisca in presenza di un piano rateale di versamento per gli importi non ancora corrisposti, escludendo dalla misura sanzionatoria la sola parte versata, ora invece sembra escludere completamente la confisca in presenza di un piano di rateazione, indipendentemente da quanto è stato già versato: basta, quindi, l'impegno preso ad evitare la misura cautelare.

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