Confermata l'applicazione dell'aggravante per chi accompagna la condotta con offese razziali
Pubblicato il 16 luglio 2013
E' stato rigettato da parte della Cassazione –
sentenza n. 30525 del 15 luglio 2013 – il ricorso presentato da un uomo nei cui confronti il Tribunale di Firenze aveva confermato l'applicazione della misura cautelare con riferimento al reato di lesioni personali aggravate dalla finalità di odio razziale asseritamente commesse nei corso di un'aggressione ai danni di due cittadini extracomunitari di origine magrebina.
Nel ricorso dinanzi all'organo di legittimità, l'uomo aveva lamentato che fossero insussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza del reato contestatogli sia i presupposti per l'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 3 della Legge n. 122/1993, assumendo che mancava qualsiasi elemento in grado di comprovare che l'aggressione fosse stata perpetrata per finalità di discriminazione od odio razziale.
Su questo ultimo punto, in particolare, la Suprema corte ha sottolineato la configurabilità dell'aggravante “
quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, quando cioè l'azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata”.
In ogni caso – continuano i giudici di legittimità - qualora l'agente nel commettere il reato scelga consapevolmente modalità fondate sul disprezzo razziale, deve ritenersi che lo stesso persegua la finalità che caratterizza l'aggravante medesima a prescindere dal movente che ha innescato la condotta e che può essere anche di tutt'altra natura. L'aggravante, ossia, sussiste allorquando risulti che il reato sia stato oggettivamente strumentalizzato all'odio o alla discriminazione razziale.
Per questo le valutazioni rese dai giudici fiorentini sono state ritenute dalla Cassazione come corrette ed incensurabili in quanto, nel caso di specie, il ricorso a frasi come
“sporco negro” utilizzate dall'indagato per accompagnare la condotta violenta addebitatagli, “
al di là dell'intrinseco carattere ingiurioso che le medesime frasi assumono, denota l'orientamento razziale dell'aggressione (e ovviamente della connessa ingiuria), rivelando l'inequivoca volontà di discriminare la vittima del reato in ragione della sua identità razziale”.