Condizioni di lavoro e regime previdenziale applicabile ai lavoratori distaccati: i chiarimenti del Ministero

Pubblicato il 13 ottobre 2010

Il ministero del Lavoro è stato interpellato al fine di conoscere la corretta interpretazione della norma prevista dal Decreto legge n. 72/2000, recante l’attuazione della Direttiva europea 96/71/CE, “in materia di distacco transnazionale di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi”.

Nello specifico, si chiedono chiarimenti in merito alle condizioni di lavoro applicabili ai lavoratori “inviati”, in regimi di distacco, da imprese stabilite in uno Stato membro della Ue presso un’impresa avente sede in Italia, con specifico riguardo alla locuzione normativa “medesime condizioni di lavoro”, prevista per i lavoratori italiani.

Analogamente, l’interpellante vuole conoscere l’esatta determinazione dell’imponibile previdenziale nei confronti dei suddetti lavoratori e sapere se, a tal proposito, si applichino le disposizioni normative del Paese di invio ovvero quelle del Paese in cui viene espletata l’attività lavorativa in regime di distacco.

La questione è sorta dalla possibilità di scelta di regimi normativi diversi applicabili ai lavoratori in mobilità, quando gli stessi si spostano in Paesi diversi con ordinamenti giuridici differenti. Essendo la materia complessa, lo stesso legislatore comunitario è già intervenuto con la citata direttiva 96/71/CE, al fine di introdurre una generale equiparazione dei trattamenti dei lavoratori chiamati a prestare la propria attività lavorativa in altri Stati comunitari.

Si ricorda che la direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 72/2000, il cui articolo 3 è oggetto del quesito posto al ministero del Lavoro.

Il Dicastero, nel formulare risposta (interpello n. 33/2010), ha ribadito che gli Stati membri hanno l’obbligo di verificare l’effettiva equivalenza delle condizioni di lavoro per i dipendenti di aziende straniere distaccati in un altro Stato. Nel caso dei dipendenti distaccati in Italia, questi devono ricevere un trattamento economico e normativo in linea con le condizioni previste per i lavoratori italiani. Nell’ambito della retribuzione minima devono, pertanto, rientrare innanzitutto gli scatti di anzianità, nei casi in cui siano previsti dalla contrattazione collettiva. Inoltre, si ritiene che nella nozione di retribuzione debbano essere ricomprese tutte le erogazioni patrimoniali del periodo di riferimento, al lordo di qualsiasi contributo e trattenuta. La retribuzione così intesa va a legarsi strettamente alla definizione di “reddito da lavoro dipendente” valida ai fini fiscali.

Quanto alla seconda problematica sollevata, il Dicastero precisa che ai fini della determinazione dell’imponibile previdenziale ci si deve riferire al regime di previdenza contributiva e assistenziale obbligatoria previsto dalla legislazione del Paese di invio del lavoratore, non al regime italiano.

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