La diligenza che incombe sul venditore, essendo connessa all'assunzione dell'obbligo di consegnare un immobile provvisto del requisito di abitabilità, ha per oggetto la scrupolosa predisposizione ed il controllo di tutti gli atti finalizzati all'ottenimento della predetta licenza di abitabilità, ivi compresi gli atti presupposti all'utile esperimento dell'iter amministrativo e tra questi, la verifica dell'esistenza di una formale lottizzazione, che si pone a monte di tutto l'iter.
Condotte, queste ultime, non esigibili dall'acquirente, il quale legittimamente confida nell'obbligo assunto dal venditore.
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con sentenza n. 20349 depositata il 9 ottobre 2015, rigettando il ricorso di una società edilizia, avverso la sua condanna al risarcimento dei danni nei confronti di alcuni acquirenti, cui aveva alienato un immobile poi sottoposto a confisca nell'ambito di un procedimento per il reato di lottizzazione abusiva.
La Suprema Corte – facendo proprie le argomentazioni dei giudici di merito – accoglie dunque la richiesta di risarcimento danni avanzata dagli acquirenti e sorta in seguito all'inadempimento, da parte della società venditrice, di consegnare un immobile dotato del necessario requisito di abitabilità.
Ciò – ha precisato la Corte – indipendentemente da una preventiva richiesta di risoluzione del contratto, attesa l'autonomia dei rimedi in considerazione, non costituendo l'azione di risoluzione del contratto di compravendita un presupposto né logico né giuridico dell'evento di danno.
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