Condanna in vista per lo statale che abusa del web

Pubblicato il 24 maggio 2008 La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20326 del 21 maggio 2008, ha riaperto il caso di un dipendente comunale che aveva utilizzato il computer dell'ufficio per scaricare files da internet su archivi personali.

Mentre in un primo momento il dipendente, che aveva ammesso il fatto, era stato sospeso, il Tribunale, con provvedimento di revoca della misura interdittiva, ha ritenuto che non ricorresse la fattispecie del peculato in quanto il computer sarebbe stato comunque collegato alla rete elettrica, indipendentemente dall'uso e dalla navigazione.

La Suprema Corte – respingendo questa tesi - ha tuttavia ritenuto necessario rinviare il caso al Tribunale per un nuovo esame, sottolineando due elementi: in primo luogo, la previsione del reato di peculato, oltre ad essere finalizzata alla tutela del patrimonio, mira altresì al corretto andamento della pubblica amministrazione basato sul rapporto di fiducia e di lealtà; in secondo luogo, occorre verificare se l'ente avesse, nel 2003 (epoca dei fatti), una convenzione con il provider che gli permetteva un accesso costante alla rete o un accesso consentito solo previo contatto telefonico, nel qual caso sussiste il reato ascritto.

In definitiva, il dipendente rischia una condanna per peculato e il carcere.
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