Addebitano alla fretta alcune norme di incerta bontà contenute nella riforma del Codice antimafia, appena approvato, gli esponenti del Cndcec, i quali puntano il dito in particolare sugli effetti per gli amministratori giudiziari, che saranno costretti a gestire i beni senza alcuna rete di protezione, quando questa fase, sottovalutata dal Legislatore, è viceversa delicata ed importante, ancor più della destinazione dei beni confiscati.
Ed allora, i consiglieri nazionali delegati alle funzioni giudiziarie sottolineano come l'impianto sia ora guidato da una logica punitiva verso quel soggetto, l'amministratore giudiziario, che tra i ridotti incarichi affidatigli, dovrà nondimeno gestire i beni confiscati in assenza di reti di protezione, contando su di un bagaglio normativo inadatto, in quanto privo di strumenti gestionali efficaci.
“L’urgenza di approvare il testo prima della chiusura della legislatura ha fatto purtroppo perdere l’occasione di migliorare ulteriormente l’impianto complessivo di una riforma comunque importante per il nostro Paese”. Ancora: “Nel corso del lungo iter parlamentare del testo – rammentano i consiglieri – ci siamo sempre battuti affinché la riforma rispondesse a logiche di concreto ed efficace funzionamento complessivo del sistema. Su questo fronte il nostro impegno proseguirà e da questo punto di vista apprezziamo l’impegno del Sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli, che ha recentemente espresso un giudizio positivo sulle nostre proposte di modifica al testo, affermando che potranno essere recepite in futuro”.
Quanto espresso, pur nella convinzione dei commercialisti che la strada dell'aggressione al patrimonio percorsa nella riforma sia di gran lunga più produttiva di effetti rispetto alle pene detentive.
Mancano, poi, le norme di agevolazione fiscale, bancaria e giuslavoristica delle imprese sequestrate e confiscate, come pure una disciplina che "consenta la regolarizzazione amministrativa dei beni dal punto di vista urbanistico-catastale, dei condoni, della sicurezza nei luoghi di lavoro".
Ulteriore doglianza, i commercialisti guardano con perplessità la possibilità di nominare dipendenti pubblici o di società partecipate amministratori giudiziari di aziende "di straordinario interesse socio-economico".
Una limitata soddisfazione viene, invece, dall'avvenuta esclusione della responsabilità civile dell’amministratore giudiziario, che tuttavia non è stata seguita da quella penale, proposta con forza dalla categoria.
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