Con la circolare n. 69 del 15 giugno 2022, l’INPS ha fornito chiarimenti e precisazioni in merito agli obblighi contributivi dei datori di lavoro che accedono alle prestazioni di integrazione salariale in deroga ai sensi dell’articolo 1, commi da 286 a 288, della L. 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021). Si ricorda, al riguardo, che la predetta norma ha previsto un periodo di Cigd per massimo 12 mesi per fronteggiare situazioni di crisi aziendali incardinate presso le unità di crisi del Mise o delle Regioni.
Con la circolare n. 179/2021, l’INPS ha fornito le indicazioni per l’applicazione dell’articolo 1, commi da 286 a 288, della L. 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021). In particolare, il comma 286 del citato articolo 1 ha previsto che, al fine dell'attuazione dei piani di nuova industrializzazione, di recupero o di tenuta occupazionale relativi a crisi aziendali incardinate presso le unità di crisi del Ministero dello Sviluppo economico o delle Regioni, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono concedere nell'anno 2021 ulteriori periodi di trattamento di integrazione salariale in deroga, nel limite della durata massima di 12 mesi, anche non continuativi.
Inoltre, al fine di determinare l’ambito di applicazione delle disposizioni in argomento, si rammenta che il Ministero del Lavoro ha chiarito che i periodi aggiuntivi di trattamento salariale in deroga possono essere riconosciuti unicamente ai soggetti datoriali che abbiano già fruito in precedenza dello stesso tipo di ammortizzatore sociale, escludendo chi vi accederebbe per la prima volta.
Considerato, inoltre, l’ambito di applicazione delle disposizioni in parola, riferite a crisi aziendali incardinate presso le unità di crisi del Ministero dello Sviluppo economico o delle Regioni, con la circolare n. 179/2021 è stato, inoltre, chiarito che gli ulteriori 12 mesi non possano essere concessi alle aziende che hanno utilizzato i trattamenti di cassa integrazione in deroga di cui all’articolo 22 del D.L. n. 18/2020 con causale “COVID-19”.
Infine, con la menzionata circolare, è stato precisato che i trattamenti, finalizzati al compimento dei piani di nuova industrializzazione, di recupero o di tenuta occupazionale relativi a crisi aziendali incardinate presso le unità di crisi del Ministero dello Sviluppo economico o delle Regioni, sono subordinati alla conclusione di specifici accordi sottoscritti dalle parti presso le medesime unità di crisi. La Regione/Provincia autonoma deve dare atto nel decreto di concessione della misura che lo stesso è stato adottato nel rispetto del quadro normativo sopra riportato.
Da ultimo, si rammenta che, come esplicitato nel Decreto Direttoriale 4 agosto 2021, n. 27, per la prestazione in commento è prevista esclusivamente la modalità del pagamento diretto da parte dell’INPS. Al riguardo, trattandosi di integrazione salariale in deroga, il datore di lavoro è obbligato a inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data della notifica del provvedimento di autorizzazione al pagamento da parte dell’INPS, se successivo.
Trascorso inutilmente tale termine, il pagamento della prestazione e degli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Per quanto concerne il contributo addizionale, il Ministero del Lavoro ha specificato che trova applicazione per tutte le tipologie di cassa integrazione, ivi compresa la cassa integrazione in deroga.
Ne consegue che i datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale sono tenuti al versamento del contributo addizionale. In particolare, si rammenta che la suddetta contribuzione deve essere calcolata sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate (c.d. retribuzione persa, quale base di calcolo dell’importo dell’integrazione salariale e, al contempo, della misura del contributo addizionale, maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive, a prescindere da ogni pattuizione negoziale che possa riguardare il trattamento retributivo dei lavoratori interessati da provvedimenti di integrazione salariale) e che la misura dell’aliquota varia in funzione dell’intensità di utilizzo delle integrazioni salariali nell’ambito del quinquennio mobile.
Si rammenta, infine, che per i datori di lavoro tenuti al versamento al Fondo di Tesoreria di cui all’articolo 1, commi 755 e seguenti, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, l’obbligo contributivo sussiste anche durante il periodo di integrazione salariale, relativamente alle quote di TFR maturate sulla retribuzione persa a seguito della riduzione oraria o della sospensione dell’attività lavorativa.
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