In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, il termine di tre mesi per corrispondere l’importo dovuto ai fini della integrazione della causa di non punibilità del reato, decorre dal momento in cui l’indagato o imputato viene informato del periodo di omesso versamento, dell’importo dovuto e del luogo ove effettuare il pagamento, oltre che della possibilità di ottenere l’esecuzione della pena.
Tale facoltà può essere acquisita in qualunque forma, non presupponendo la comunicazione di un avviso formale in ordine ai benefici conseguibili per effetto del pagamento nel trimestre.
E’ quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, respingendo il ricorso di un imputato, condannato in appello per omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali.
Avverso la condanna, il ricorrente lamentava, in particolare, che la diffida dell’Inps non gli era stata regolarmente notificata, per cui egli sarebbe venuto a conoscenza delle contestazioni solo attraverso la notifica di chiusura delle indagini ex art. 415 bis c.p.p.. Atto a suo dire non equipollente all'avviso di accertamento della violazione da parte dell’Inps, in quanto non riportava indicazioni idonee a consentire al datore di lavoro di versare le ritenute omesse.
Equipollenza a maggior ragione insostenibile – a parere dell’imputato – tenuto conto che solo un operatore del diritto avrebbe avuto la capacità di comprendere appieno il significato di quella avvertenza, erroneamente ritenuta dai giudici di merito idonea a renderlo edotto della possibilità di usufruire della causa di non punibilità.
Censura tuttavia ritenuta infondata dalla Cassazione – con sentenza n. 30001 del 14 luglio 2016 - attesa nella specie l’intervenuta allegazione, all'avviso ex art. 415 bis c.p.p., del prospetto delle inadempienze in denuncia elaborato dall’Inps, con i necessari avvertimenti previsti dall'avviso di accertamento dell’Istituto previdenziale.
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