La Corte di giustizia europea, con la sentenza del 9 febbraio 2017, relativa alla causa C-21/16, sancisce un principio molto importante in materia di operazione intracomunitarie, destinato ad avere riflessi anche a livello nazionale.
L'amministrazione finanziaria portoghese aveva recuperato a tassazione le vendite intracomunitarie realizzate nei confronti di un soggetto estero, che è stabilito nello Stato membro di destinazione, possiede un numero di identificazione Iva valido per le operazioni interne, ma non è registrato nell'archivio Vies e, quindi, non è abilitato agli scambi intracomunitari.
La Corte Ue ricorda che l'articolo 138 della direttiva 2006/112/CE obbliga gli stati membri ad esentare le cessioni intracomunitarie effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo che agisce in quanto tale in un altro stato membro. Pertanto, l'esenzione spetta solo se il diritto di disporre dei beni come proprietario è stato trasferito all'acquirente e i beni vengono effettivamente trasportati dal paese di origine a quello di destinazione.
Nel caso di specie, invece, l'esenzione era stata rifiutata per il solo motivo che l'acquirente, al momento della vendita, non era registrato per l'effettuazione di operazioni intracomunitarie nel Paese di origine, dove risultava identificato ai fini Iva solo per le operazioni interne. Infatti, il cessionario Ue, pur disponendo di un numero di partita Iva validato al Vies, non era iscritto allo stesso archivio.
Ribadendo l'affermazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, la Corte nella sentenza C-21/16, stabilisce che – ai fini della realizzazione di una cessione intracomunitaria – si deve avere riguardo alle sole condizioni sostanziali di cui al citato articolo 138 quali, per esempio: il trasporto del bene al di fuori del territorio dello stato del cedente, la soggettività passiva delle controparti e il passaggio, dietro corrispettivo, della proprietà del bene dal cedente al cessionario.
Viceversa non costituiscono condizioni sostanziali per definire la natura della cessione intracomunitaria, né l'ottenimento da parte del cessionario di un numero identificativo Iva né l'iscrizione dello stesso soggetto al Vies. Quest'ultimo è, infatti, riconosciuto come un requisito formale.
Secondo la Corte europea, quindi, l'amministrazione finanziaria non può disconoscere il regime di non imponibilità Iva ad una cessione intracomunitaria, solo per il fatto che l'acquirente, pur essendo titolare di un numero di identificazione nazionale non è iscritto al Vies e, quindi, non è abilitato a realizzare operazioni transfrontaliere secondo la normativa nazionale.
Il principio è valido, però, a condizione che siano soddisfatte le condizioni sostanziali della specifica operazione e che non si palesi il caso di una frode al sistema dell'Iva, oppure nel caso in cui l'inosservanza dei requisiti formali abbia pregiudicato l'accertamento dei presupposti sostanziali. Ciò sebbene il venditore fosse a conoscenza della posizione in cui si trovava l'acquirente, ma era convinto che avrebbe ottenuto la registrazione al Vies con effetto retroattivo.
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