Secondo la Corte di cassazione, Terza sezione penale – sentenza n. 44335 depositata il 3 novembre 2015 - in materia di “disciplina degli alimenti”, il legale rappresentante della società che gestisce una catena di supermercati non è penalmente responsabile della cattiva conservazione dei prodotti presenti in un punto vendita, qualora l’azienda sia articolata in plurime unità territoriali autonome, ciascuna affidata ad un soggetto qualificato ed investito di mansioni direttive.
In tale contesto, infatti, la responsabilità del rispetto dei requisiti igienico-sanitari dei prodotti va individuata all'interno della singola struttura aziendale, non essendo necessariamente richiesta la prova dell'esistenza di una apposita delega.
Nel dettaglio - si legge in proposito nel testo della decisione - la responsabilità del titolare dell’impresa, destinatario principale del precetto penale, deve essere ricostruita su basi diverse dalla mera presenza di una delega scritta, basi che devono essere ricercate esclusivamente nella norma che giustifica, ai sensi dell’articolo 43 del Codice penale, l’addebito della condotta anche a titolo colposo.
Occorrerà, esemplificativamente, accertare che la dimensione dell’impresa non impedisca il monitoraggio del direttore del supermercato, la capacità ed idoneità tecnica di questi, la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del direttore, che il fatto non derivi da cause strutturali dovute a omissioni di scelte generali di pertinenza esclusiva del titolare dell’impresa.
Tra queste ultime, vengono in particolare evidenziate l’omessa adozione di procedure di autocontrollo proposte dai manuali adottati in conformità dell’articolo 8 del Regolamento CE n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e prescritte, più in generale, anche dall’allegato II del Regolamento medesimo.
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