Non trova applicazione la particolare tenuità del fatto, nella condotta dell’avvocato che, inducendo in errore la propria cliente, mediante redazione di una parcella in cui vengono indicate attività professionali mai svolte, si procuri l’ingiusto profitto del pagamento di competenze non spettanti.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione feriale, confermando la condanna ex art. 640 c.p. di un legale che aveva richiesto ed ottenuto dalla propria cliente il pagamento di una parcella nella quale venivano indicate la presentazione ed il ritiro di una denuncia, che tuttavia non era mai stata depositata in Procura.
Il Collegio chiarisce, in proposito, come la condotta del prevenuto, realizzata nel contesto del delicatissimo rapporto fiduciario professionista – cliente, sia risultata altamente lesiva dell’affidamento della parte offesa e delle sue aspettative, nonostante la scarsa entità degli importi lucrabili mediante la truffa.
Si è trattato difatti di un’azione rimarchevole, grave ed intrinsecamente dotata di una carica di offensività penale palese, anche perché consumata nell'esercizio di una professione forense a danno di un soggetto che con fiducia aveva chiesto aiuto legale ad un professionista.
Oltre tutto la condotta in questione – conclude la Corte con sentenza n.34887 del 16 agosto 2016 – è dotata di un tasso di partecipazione psicologica e soggettiva, in capo al prevenuto, particolarmente intenso, francamente incompatibile con la previsione ed i parametri normativi della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., pensati invece per episodi minimali, realmente blandi e percepiti o percepibili dalla collettività come tali.
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