Nuova pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea in tema di onorari minimi inderogabili degli avvocati.
I giudici europei, in particolare, si sono occupati di una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 2, TFUE e sulle regole di concorrenza europee.
La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra una compagnia di assicurazione bulgara e un proprio assicurato, avente ad oggetto una richiesta di risarcimento dei danni derivati da furto, domanda in cui erano inclusi gli onorari dell’avvocato, calcolati conformemente a un accordo previamente concluso tra il ricorrente e il suo legale.
Onorari, questi, che, secondo l'assicurazione, erano eccessivi e da ridurre.
Il tribunale nazionale aveva ridotto i predetti onorari facendo applicazione della normativa nazionale bulgara che consente al giudice adito di ridurre l’importo degli onorari d’avvocato dovuti se, alla luce della reale complessità giuridica e fattuale del procedimento, esso appaia eccessivo.
La stessa normativa, tuttavia, non consente al giudice di fissare un importo inferiore ai minimi tariffari previsti dalla legge relativa alla professione d’avvocato.
Il tribunale si era quindi rivolto ai giudici europei per ottenere precisazioni quanto alla portata e alla natura del controllo che era chiamato a effettuare, nel procedimento principale, sulla validità della richiamata tariffa, alla luce del divieto di intese previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Ue.
Con le sue questioni, ossia, il giudice del rinvio chiedeva se e in quale misura i giudici nazionali, quando chiamati a determinare l’importo delle spese ripetibili a titolo di onorari d’avvocato, fossero vincolati da una tariffa che, come nella specie, fissi importi minimi di onorari, adottata da un’organizzazione professionale di avvocati di cui questi ultimi sono obbligatoriamente membri per legge.
Con sentenza depositata il 25 gennaio 2024 - causa C-438/22 - la Corte di giustizia dell'Unione ha in primo luogo spiegato che laddove un giudice nazionale dovesse constatare che le restrizioni della concorrenza risultanti dal regolamento relativo agli importi minimi degli onorari degli avvocati non possano essere considerate inerenti al perseguimento di obiettivi legittimi, la normativa nazionale che lo rende obbligatorio sarebbe incompatibile con l’articolo 101, paragrafo 1, richiamato.
In tale caso, il giudice è obbligato a disapplicare la norma nazionale controversa.
Difatti, anche se l’articolo 101 TFUE riguarda esclusivamente la condotta delle imprese e non disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, resta il fatto che tale articolo, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che istituisce un dovere di collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri, obbliga questi ultimi a non adottare o a non mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare l’effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese.
A seguire, la Corte ha rammentato che il criterio giuridico essenziale per determinare se un accordo, che sia orizzontale o verticale, comporti una "restrizione della concorrenza per oggetto" risiede nel rilievo che un simile accordo presenti, di per sé, un grado di dannosità sufficiente.
Ebbene, per valutare se tale criterio sia soddisfatto, occorre riferirsi al tenore delle disposizioni, agli obiettivi che mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale si colloca.
Nella valutazione di tale contesto, occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione.
Come già puntualizzato dalla Corte Ue in pregresse pronunce, nel caso di una decisione di un’associazione di imprese che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, la determinazione degli importi minimi degli onorari d’avvocato, resi obbligatori da una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, equivale alla determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
La possibilità, infatti, che certi comportamenti collusivi, quali quelli che portano alla fissazione orizzontale dei prezzi, abbiano effetti negativi, in particolare, sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi, è talmente alta che può essere ritenuto inutile dimostrare che tali comportamenti abbiano effetti concreti sul mercato.
Detti comportamenti vanno dunque qualificati come "restrizioni per oggetto", in quanto rivelano un grado sufficiente di dannosità nei confronti della concorrenza, a prescindere dal livello a cui è fissato il prezzo minimo.
Ne discende che, conformemente alla giurisprudenza europea, siffatte restrizioni non possono in nessun caso essere giustificate dal perseguimento di "obiettivi legittimi", come quelli asseritamente perseguiti dalla normativa relativa agli importi minimi degli onorari d’avvocato, oggetto del procedimento principale.
Per finire un'ultima precisazione: il giudice nazionale è tenuto a rifiutare una normativa nazionale come quella in esame, anche nel caso in cui gli importi minimi previsti da tale regolamento riflettano i prezzi reali del mercato dei servizi d’avvocato.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".