Tra i provvedimenti all’ordine del giorno che il Consiglio dei ministri dovrà esaminare nel corso della sua prossima convocazione, prevista per lunedì 7 agosto 2017, è incluso l’atteso disegno di legge sull’equo compenso degli avvocati.
Il testo, messo a punto dal ministero della Giustizia sentito anche il Consiglio nazionale forense, è stato più volte annunciato, da ultimo lo scorso 5 luglio, nel corso di un question time tenuto presso l’Aula della Camera con il ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
Nella relazione illustrativa dello schema di legge viene sottolineato come lo stesso sia volto a porre rimedio alle situazioni di squilibrio nei rapporti contrattali tra professionisti legali e clienti cosiddetti “forti”, quali le banche e le assicurazioni, nonché le imprese diverse dalle PMI.
La proposta di legge contiene disposizioni in materia, come detto, di equo compenso e di clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali.
In particolare, si tratta dell’equità del compenso degli avvocati nei rapporti professionali regolati da convenzioni, unilateralmente predisposte dalla controparte, aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata, delle attività professionali di avvocato, in favore dei soggetti sopra riferiti.
Nel testo del disegno, viene espressamente inteso come “equo” il compenso che sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto anche conto dei parametri previsti dal Decreto del ministro della Giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della Legge n. 247/2012.
Il provvedimento si focalizza, quindi, nell’individuare quali siano le clausole cosiddette “vessatorie”, contenute nelle citate convenzioni, che determinano, anche in considerazione della non equità del corrispettivo pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.
Vengono, nel dettaglio, considerano vessatorie, le clausole che contengono:
Ad eccezione delle clausole che prevedono la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali o di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve offrire a titolo gratuito - considerate, queste, sempre vessatorie -, le previsioni sopra riferite sono ritenute vessatorie salvo che nel caso in cui non siano state oggetto di specifica trattativa.
Le clausole vessatorie sono ritenute nulle, mentre il contratto rimane valido per la parte rimanente. La nullità – viene stabilito nel provvedimento - opera soltanto a vantaggio dell’avvocato.
Per finire, il disegno di legge sancisce che quando il giudice accerti la non equità del compenso e la vessatorietà di una clausola, lo stesso provvede a dichiarare la nullità della clausola e a determinare il compenso dell’avvocato tenuto conto dei prescritti parametri.
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