Attesa sul destino dell'equo compenso degli avvocati I professionisti discutono

Pubblicato il 14 novembre 2017

L'equo compenso divide. Al centro del dibattito l'emendamento al Dl fiscale, collegato alla Manovra, che interviene per gli avvocati.

Favorevole il Cndcec, che vede la norma sull'equo compenso degli avvocati fare da apripista: “Il Consiglio nazionale dei commercialisti è da sempre in prima linea nella battaglia per l’introduzione dell’equo compenso per tutte le professioni italiane. Siamo favorevoli anche alla norma che lo prevede al momento per i soli avvocati. Se passasse sarebbe più facile estenderla anche a tutti gli altri soggetti ordinistici, svolgendo un ruolo di apripista”, spiega il consigliere Cndcec Giorgio Luchetta.

L’introduzione dell’equo compenso, continua a margine di un convegno sull’abuso di dipendenza economica, “sarebbe quanto mai opportuna, una scelta dettata da una valutazione oramai compiuta su quello che l’abolizione delle tariffe minime di qualche anno fa ha comportato: non, come sperato, un’apertura del mercato professionale, ma una sottrazione di tutele per i professionisti, specie i più giovani”.

Contrari il Comitato unitario delle professioni (Cup) e Rete delle professioni tecniche (Rpt) - impegnati nell'organizzazione della manifestazione del 30 novembre 2017 a Roma - che, con un comunicato stampa congiunto del 13 novembre 2017, invitano il Legislatore a ben ponderare le scelte delle prossime ore: “Non si possono creare livelli diversi di tutele tra lavoratori autonomi che hanno le medesime esigenze e gli stessi diritti. Anzi, l’equo compenso andrebbe esteso anche alle professioni non ordinistiche. In ballo c’è il destino di centinaia di migliaia di giovani professionisti che non possono accettare di vedere assegnate tutele a pochi privilegiati. I professionisti devono essere tutti tutelati soprattutto da una Pubblica Amministrazione che addirittura, in qualche caso, ritiene possibile pretendere prestazioni professionali ad un euro, istituendo l’economia dell’immaginario".

Sfruttamento di lavoratori autonomi e professionisti Abuso di dipendenza economica

Il segretario del Consiglio nazionale dei commercialisti, Achille Coppola, si spinge oltre: “Tutte le norme sull’equo compenso sono ovviamente le benvenute, la conditio sine qua non per ogni discorso relativo alle garanzie minime per i professionisti. Però esse da sole potrebbero non bastare a garantire una immediata e reale tutela per i nostri colleghi che non hanno la forza contrattuale per farle rispettare. E’ matura una riflessione sull’estensione delle sanzioni penali già previste dall’ordinamento per altre fattispecie anche a fenomeni inerenti lo sfruttamento di lavoratori autonomi e professionisti. La norma sul divieto di abuso di dipendenza economica presente del Jobs act degli autonomi è, da questo punto di vista, un buon punto di partenza”.

Sull'abuso di dipendenza economica, al centro di un primo di tre convegni Cndcec, Luchetta ha annunciato che il Consiglio nazionale sta valutando con gli ordini territoriali il loro intervento in giudizio ad adiuvandum nelle eventuali cause promosse dagli iscritti all’albo vittime di abuso di dipendenza economica: “La norma del jobs act degli autonomi che introduce il divieto di abuso di dipendenza economica è ancora sostanzialmente sconosciuta presso i professionisti italiani, nonostante si tratti di una misura che rappresenta un importante passo in avanti per la difesa della dignità dei lavoratori autonomi ...il nostro Consiglio nazionale è fortemente impegnato affinché la norma sia sempre più conosciuta e utilizzata. L’intervento in giudizio degli Ordini territoriali a fianco dei nostri colleghi rappresenta il modo forse più efficace per creare giurisprudenza in materia e per far uscire questa norma dal cono d’ombra nella quale si trova”.

Si ricorda che l’art. 9 della legge 18.6.1998, n. 192 (legge cd. sulla subfornitura) vieta “l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice”, (co. 1, primo periodo).

Le specializzazioni per i commercialisti

La Commissione Bilancio del Senato, in queste ore, si dovrebbe occupare anche delle specializzazioni per i commercialisti, votando l’emendamento al decreto fiscale che ne prevede l’introduzione.

I percorsi formativi saranno organizzati attraverso le scuole di alta formazione istituite dagli Ordini territoriali, anche d'intesa tra loro, in collaborazione con le Università, in esecuzione di convenzioni stipulate nel rispetto dei principi fissati nella convenzione-tipo definita dal Consiglio nazionale per il conseguimento del titolo di specialista.

Tra le modifiche al DLgs. 139/2005 in ballo, l’aggiunta alla sezione A dell’albo, riservata ai dottori commercialisti, di elenchi suddivisi per specializzazioni nei quali sono riportati gli iscritti nella Sezione A in possesso di titolo di specializzazione professionale collegato ad attività rientranti tra le competenze riconosciute.

Si legge nel testo dell'emendamento, che il titolo di specialista potrà essere conseguito:

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