Assistenza disabile Lavoratore non trasferito

Pubblicato il 13 dicembre 2016

Familiare assistito non grave Trasferimento vietato

Ha diritto a non essere trasferito il lavoratore che assiste un familiare convivente con handicap anche non grave, e che dunque non beneficia dei permessi di cui alla Legge 104/1992.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, accogliendo le censure di una lavoratrice, dirette all’accertamento dell’illegittimità/inefficacia del licenziamento intimatole dalla società datrice di lavoro, in conseguenza della mancata ottemperanza al provvedimento di trasferimento.

La lavoratrice, in particolare, riteneva il disposto trasferimento illegittimo, poiché tenuta ad assistere la propria madre affetta da grave handicap.

La Corte d’appello tuttavia, respingendo la censura, deduceva come non sussistesse alcuna valida documentazione – accertamenti delle commissioni mediche previste dall'art. 4 Legge n. 104/1992 – atta a comprovare la situazione di grave disabilità dell’assistita, con conseguente legittimità del trasferimento, e dunque del licenziamento.

Il quesito dunque posto alla Cassazione è il seguente: se il diritto a non essere trasferiti sussista, ai sensi della Legge n. 104/1992, solo in presenza della necessità di assistere soggetti portatori di handicap grave, o se invece sussista anche quando la disabilità del familiare non sia così grave, a meno che non ricorrano esigenze aziendali effettive così urgenti da imporsi sulle contrapposte esigenze assistenziali.

Il Supremo Collegio ha in proposito affermato che la disposizione di cui all'art. 33 comma 5 Legge n. 104/1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assista con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati – alla luce dell’art. 3 Cost., dell’art. 26 Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti dei disabili – in funzione della tutela della persona disabile.

Ne consegue che il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando, come nel caso de quo, la disabilità del familiare che egli assiste non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura ed il grado dell’infermità psico – fisica del familiare, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.

Le doglianze della ricorrente vanno dunque accolte – conclude la Corte con sentenza n. 25379 del 12 dicembre 2016 – in quanto nella specie non si constata l’esistenza di particolari esigenze tecniche e produttive alla base del trasferimento. 

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