Confermando una decisione di non luogo a procedere pronunciata dal Gip, la Corte di cassazione ha escluso la configurazione del reato di impedito controllo in capo ad un socio di una Spa, accusato di avere posto in essere una serie di condotte, consistite nel non consentire la valida costituzione delle assemblee societarie, così ostacolando l'attività di controllo dei soci.
In particolare, era stato asserito che quanto posto in essere dal socio avesse causato alla società il danno consistito nella presentazione di un'istanza di fallimento e nella risoluzione di un contratto di affitto dell'azienda.
Nel testo della sentenza n. 2310, depositata il 19 gennaio 2018, i giudici di legittimità si sono pronunciati sulle condotte contestate all’imputato che, secondo l’accusa, avevano impedito le valide costituzioni assembleari.
Per la Cassazione, le medesime erano, in realtà, meramente omissive, quando, per contro, la nozione di “artificio” contenuta nella norma (articolo 2625 Codice civile) avrebbe richiesto un comportamento attivo.
A detta degli Ermellini, inoltre, il contegno assunto era stato posto in essere nella più assoluta trasparenza societaria, attraverso l’utilizzo di specifiche facoltà previste per i soci “che possono non presenziare alle assemblee senza che ciò, di per sé, possa quindi costituire un artificio, e cioè un espediente per raggiungere un qualunque diverso risultato, nel caso di specie impedire il controllo dei soci di minoranza”.
Questo senza contare che, nel loro ricorso, gli amministratori costituti parte civile avevano lamentato non tanto la mancata tenuta delle assemblee, quanto il fatto che, in tali occasioni, non si era data adeguata risposta ai quesiti ed ai rilievi fatti dai querelanti.
In definitiva, secondo la Corte, la sentenza di non luogo a procedere era da ritenere del tutto priva dei vizi di legittimità ex adverso lamentati ed andava, pertanto, confermata.
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