Un contribuente italiano innesta la causa davanti alla Corte di cassazione per la ripresa a tassazione Irpef, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di una somma corrisposta al coniuge, residente in Spagna, come assegno una tantum per la separazione legale.
In materia, il riferimento è l'art. 10, comma 1, lett. c), DPR. n. 917/1986, che consente la deduzione dal reddito degli assegni periodici corrisposti al coniuge, anche se residente all’estero, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento di matrimonio, e di divorzio, con esclusione della quota di mantenimento dei figli.
Nessuna deduzione, invece, per gli assegni una tantum.
Nel ricorso presentato dal contribuente contro la sentenza di secondo grado che ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione delle somme dedotte, viene avanzata una questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986, interpretato nel senso di non ritenere mai consentita la deduzione dalla base imponibile facente capo al solvens dell’assegno una tantum da lui versato, a prescindere dal trattamento fiscale di tale assegno in capo all’accipiens.
Vi sarebbe contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione.
Di contrario avviso la sentenza n. 25383 pronunciata il 29 agosto 2023: per i giudici di Piazza Cavour la ratio della deducibilità degli assegni periodici (di separazione o divorzili) sta nel fatto che il corrispondente importo versato all’altro coniuge o ex coniuge è soggetto a tassazione, equiparato ad un reddito da lavoro dipendente, mentre gli assegni una tantum, previsti per il solo divorzio, non essendo soggetti a tassazione in capo all’accipiens, non sono deducibili dalla base imponibile del solvens.
Inoltre, afferma la Corte di cassazione, non si ravvisa discriminazione nemmeno nel fatto che l’assegno in parola, in un paese diverso dall’Italia, sia riconosciuto come deducibile.
Viene rilevato come l’ordinamento dell’Unione europea, allo stato attuale, non impone l’uniformità del trattamento fiscale nei diversi paesi, né impone il coordinamento dei regimi fiscali allo scopo di evitare tutte le possibili forme di doppia imposizione economica.
Altresì l’indeducibilità della rata di assegno una tantum versata dal contribuente non è di ostacolo alla libera circolazione delle persone da un paese dove la deduzione sarebbe possibile ad un altro nel quale, in base alla legislazione vigente, quella deduzione non è consentita.
In conclusione, il ricorso va rigettato stante l’impossibilità di dedurre dal reddito l’assegno una tantum versato all’ex coniuge, anche non residente, per la separazione.
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