Archiviazione per prescrizione senza giudizi di colpevolezza

Pubblicato il 11 marzo 2024

No a provvedimenti di archiviazione che, invece di limitarsi a ricostruire il fatto nei termini strettamente necessari a verificare l’avvenuto decorso del termine di prescrizione, esprimano giudizi sulla colpevolezza dell’interessato.

Così facendo, infatti, violerebbero in modo eclatante - oltre che la presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, secondo comma, della Costituzione - il diritto di difesa dell'indagato, inteso anche quale diritto di “difendersi provando”.

Provvedimenti di archiviazione: le indicazioni della Consulta

Nelle predette ipotesi, infatti, il diritto di difesa viene in radice negato dall’affermazione, da parte del Pm o del GIP, del carattere veritiero, o comunque affidabile, degli elementi acquisiti nel corso di un’indagine, senza che sia assicurata all’indagato - magari del tutto ignaro dell’indagine - alcuna effettiva possibilità di contraddirli, ed eventualmente di provare il contrario.

Richieste o decreti di archiviazione così motivati peraltro, risultano indebiti anche a fronte della considerazione che, una volta riscontrato l’avvenuto decorso del termine di prescrizione, gli stessi poteri di indagine e di valutazione del pubblico ministero sui fatti oggetto della notitia criminis vengono meno, non operando nella fase delle indagini preliminari né per il pubblico ministero, né per il GIP, l’obbligo di apprezzare l’evidenza dell’innocenza della persona sottoposta alle indagini, come accade invece nell’ambito del giudizio.

I predetti provvedimenti perdono, per ciò solo, il carattere di “neutralità” che li dovrebbe caratterizzare, e sono in concreto suscettibili di produrre - laddove per qualsiasi ragione arrivino a conoscenza dei terzi - gravi pregiudizi alla reputazione, nonché alla vita privata, familiare, sociale e professionale, delle persone interessate.

Ciò che, in ipotesi, potrebbe dare altresì luogo a responsabilità civile e disciplinare dello stesso magistrato, laddove ne ricorrano i presupposti rispettivamente previsti.

Così la Corte costituzionale con sentenza n. 41 dell'11 marzo 2024, nel dichiarare non fondata una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Lecce.

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