Appalto illecitamente ottenuto. Sequestro solo del profitto direttamente derivato dall’illecito
Pubblicato il 06 novembre 2012
Pronunciandosi con riferimento al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente disposto dal Gip di Pistoia nell’ambito di un procedimento penale instaurato in presenza di un contratto di appalto asseritamente ottenuto con la corruzione di pubblici funzionari, la Corte di cassazione –
sentenza n. 42530 del 5 novembre 2012 – ha ricordato come la nozione del profitto confiscabile al corruttore non vada identificata con l’intero valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la pubblica amministrazione,
“dovendosi in proposito distinguere il profitto direttamente derivato dall’illecito penale dal corrispettivo conseguito per l’effettiva e corretta erogazione delle prestazioni svolte in favore della stessa amministrazione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illecità della causa remota”.
Ne consegue – si legge nel testo della sentenza – che il profitto che la parte privata ha conseguito dall’appalto illecitamente ottenuto, non può globalmente omologarsi all’intero valore del rapporto sinallagmatico in tal modo istaurato con l’amministrazione, dovendosi scindere il profitto confiscabile – quale direttamente derivato dall’illecito penale – dal profitto determinato dal corrispettivo di una effettiva e corretta erogazione di prestazioni comunque svolte in favore della stessa pubblica amministrazione,
“prestazioni che non possono considerarsi, di per sé stesse e per immediato automatismo traslativo, colorate di illiceità per derivazione dalla causa remota”.
In definitiva, non si può includere, nella nozione di profitto, qualunque ricavo conseguito per effetto della stipula di un contratto di appalto illecitamente ottenuto nell’ambito di una relazione corruttiva.