E' stato respinto, dal Tar del Lazio, il ricorso presentato da una società cooperativa ai fini dell'annullamento della determinazione di aggiudicazione definitiva di una gara di appalto che riguardava l’affidamento del servizio di biglietteria presso il Parco archeologico del Colosseo.
Tra i motivi di doglianza, la ricorrente (posizionatasi al 4° posto della graduatoria), contestava l’ammissione delle offerte presentate dalle società concorrenti, compresa l'aggiudicataria, per violazione delle norme che disciplinano l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente imposto dalla legge e della contrattazione collettiva.
Secondo la sua difesa, le relative offerte non avrebbero rispettato la clausola sociale contenuta nell’art. 4 del Ccnl di settore (multiservizi), oltre che nella lex speciali e nel Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016.
Nel dettaglio, la presenza della clausola recata dal richiamato Ccnl avrebbe comportato l’applicazione, doverosa per i concorrenti in forza della volontaria accettazione della disciplina collettiva, di una disciplina più severa in tema di riassorbimento del personale della ditta uscente, in termini di una tendenziale obbligatorietà del riassorbimento per la forza-lavoro uscente.
A fronte dei 181 dipendenti interessati dal cambio d’appalto, invece, le società concorrenti avevano sottodimensionato i riassorbimenti, a cominciare dall’aggiudicatrice, che aveva proposto di assorbire solo 73 su 181, con un’accettazione di mero stile della clausola sociale.
Diverse le argomentazioni utilizzate dalla difesa erariale, secondo la quale, per contro, la clausola sociale andava applicata alla luce dell’orientamento della giurisprudenza, recepito anche nelle Line guida dell’Anac: l’obbligo di riassorbimento è imponibile nella misura in cui sia compatibile con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’appaltatore.
Le censure sollevate dalla ricorrente, in ogni caso, erano destituite di fondamento, atteso che non consideravano la drastica riduzione prestazionale dell’attuale capitolato rispetto a quello in esecuzione.
Le doglianze della ricorrente sono state giudicate infondate dal Tribunale amministrativo del Lazio, per come si apprende dalla lettura della sentenza n. 13442 del 25 agosto 2023.
Il Tar, difatti, ha giudicato immune da vizi la valutazione di conformità operata dalla stazione appaltante circa il piano di riassorbimento presentato dall'aggiudicatario.
Per contro, ha ritenuto non condivisibile la tesi prospettata dalla parte ricorrente.
Sul punto, i giudici amministrativi hanno richiamato l'orientamento pronunciato della giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di gara pubblica e clausola sociale.
Alla clausola sociale - è stato precisato - non può essere attribuito un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
Essa non può essere intesa, in altri termini, nel senso di comportare un obbligo assoluto per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa.
Invero, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente deve essere contemperato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento.
E ancora: nella lex specialis, la clausola sociale va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all'operatore economico concorrente anche la valutazione in merito all'assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario: solo in questi termini essa è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa.
L'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto, quindi, va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva.
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