La pubblicazione in “Gazzetta” n. 107 (10 maggio) del decreto n. 60, che porta data 10 aprile – con oggetto il: “Regolamento per l'adeguamento del decreto ministeriale 3 febbraio 2006, n. 141, recante disposizioni in materia di obblighi di identificazione, conservazione delle informazioni a fini antiriciclaggio e segnalazione delle operazioni sospette a carico degli avvocati, notai, dottori commercialisti, revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavoro, ragionieri e periti commerciali, alle disposizioni dell'articolo 21 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005), che ha modificato il decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. – ha reso operativo dal 25 maggio l’adeguamento della pregressa normativa nazionale alle regole antiriciclaggio del citato articolo della Comunitaria 2005.
L’intervento del nostro legislatore ha, però, anche “peggiorato” l’impianto della disciplina, nel senso di estendere gli adempimenti di cui al regolamento 141 “a ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti e altri soggetti che svolgono in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi”. Così decidendo, ha di fatto operato un implicito ed illegittimo riconoscimento di attività professionali su soggetti privi della necessaria qualificazione giuridica e professionale. L’ennesimo attacco al sistema ordinistico.
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