E’ stata confermata dalla Cassazione la condanna penale per indebito rifiuto di atti d’ufficio comminata dai giudici di merito nei confronti di un uomo, nominato amministratore di sostegno del padre, che aveva omesso di depositare il rendiconto finale dell’amministrazione, come richiestogli con provvedimento del giudice tutelare, a lui notificato a mani.
A fronte delle doglianze dell’imputato, la Suprema corte ha spiegato che la condotta tipizzata nella fattispecie di rifiuto od omissione di atti di ufficio costituisce reato di pericolo che si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui il giudice solleciti la tempestiva adozione, in quanto incidente su beni di valore primario tutelati dall’ordinamento.
E nella specie, il rendiconto andava compiuto per ragioni di giustizia e senza ritardo, indipendentemente dallo specifico atto e dal nocumento che poteva derivarne.
I giudici di legittimità – sentenza n. 10879 del 6 marzo 2017 - hanno ritenuto non censurabile, sotto il profilo della congruità e della correttezza, la statuizione di merito impugnata, nella quale era stata posta in evidenza la circostanza che l’imputato avesse ricevuto più inviti da parte del giudice tutelare a depositare il conto di gestione, da ultimo con la notifica, a mani dello stesso, di un provvedimento che gliene ingiungeva il deposito entro 45 giorni, invito anche questo rimasto inevaso.
In detto contesto – si legge nella decisione – il provvedimento di specie, intervenuto in una procedura disciplinata dalle disposizioni del Codice civile che regolano l’attività dell’amministratore di sostegno ponendo a suo carico specifici obblighi, era pienamente idoneo ad integrare un ordine che solleciti un comportamento certo e determinato per ragioni di giustizia, non potendosi ravvisare, nella condotta dell’amministratore, una mera inerzia.
Per la Corte, inoltre, ai fini del dolo, era necessario e sufficiente che l’amministratore, nella sua veste di pubblico ufficiale, avesse avuto consapevolezza del proprio contegno omissivo.
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