Accertamento. Verifiche ispettive con accesso legittimo se il locale è “promiscuo”

Pubblicato il 14 aprile 2018

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7723, depositata in data 28 marzo 2018, ha chiarito il caso di accesso da parte dei militari della Guardia di Finanza nei locali ad uso promiscuo di un contribuente in caso di verifiche ispettive, stabilendo quando è necessaria l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria e quando, invece, è sufficiente la semplice autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

Un contribuente, vistosi notificare un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell'IVA, dopo un controllo che era stato eseguito sia presso i locali in cui svolgeva la propria attività (ristorante/pizzeria), sia presso la propria abitazione, che si trovavano entrambi all’interno dello stesso edificio, ricorre in giudizio per far dichiarare nullo l’atto impositivo. Secondo il ricorrente, infatti, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica era stata rilasciata senza la sussistenza di gravi indizi della violazione di norme tributarie, che dallo stesso contribuente, invece, era ritenuta necessaria trattandosi di accesso alla sua abitazione privata, ben distinta dai locali ove esercitava la sua attività imprenditoriale.

Sia in primo che in secondo grado viene accolto il ricorso del contribuente. L’Agenzia allora propone ricorso per Cassazione, dove la sua censura è stata ritenuta fondata.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 7723/2018, ha ribadito che “in tema di accertamento dell'IVA, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica, prescritta dall'art. 52, primo e secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell'accesso degli impiegati dell'Amministrazione finanziaria (o della Guardia di finanza, nell'esercizio dei compiti di collaborazione con gli uffici finanziari ad essa demandati) a locali adibiti anche ad abitazione del contribuente ovvero esclusivamente ad abitazione, è subordinata alla presenza di gravi indizi di violazioni soltanto in quest'ultima ipotesi e non anche quando si tratti di locali ad uso promiscuo. Tale ultima destinazione ricorre non soltanto nell'ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l'attività professionale, ma ogni qual volta l'agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento di documenti propri dell'attività commerciale nei locali abitativi (...)”.

Pertanto, l’Ufficio ha la possibilità di eseguire verifiche nei locali adibiti anche ad uso abitativo dai contribuenti ovvero esclusivamente ad abitazione, ma solo in questo secondo caso la preventiva autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria è subordinata alla sussistenza di gravi indizi di violazioni fiscali. Quando si tratta, invece, di locali ad uso promiscuo è sufficiente la semplice autorizzazione del Procuratore della Repubblica, senza che debbano sussistere ulteriori particolari condizioni.

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