Non è accoglibile, afferma la sentenza della Corte di cassazione n. 35294 del 23 agosto 2016, la tesi secondo cui la nullità dell’avviso di accertamento per sottoscrizione dell’atto da parte di funzionario carente di potere determina l’inutilizzabilità ai fini penali dell’avviso e degli atti su cui si fonda.
L’eccezione sollevata da un contribuente contro il tribunale del riesame, che ha confermato il sequestro preventivo adottato per dichiarazione infedele circa l’omessa dichiarazione della plusvalenza conseguita in un’operazione di sale and leaseback, si basa sulla sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale che ha dichiarato la nullità degli avvisi di accertamento firmati da funzionari privi di qualifica dirigenziale e con incarico risultato poi contrario alle norme costituzionali.
Dal punto di vista del puro diritto, puntualizza la sentenza n. 35294/2016, le disfunzioni dell’avviso di accertamento hanno valore nell’ambito del rapporto processuale-tributario: l’atto di accertamento, in sede fiscale, è un atto di impulso con cui il fisco chiede al contribuente di adempiere alla pretesa tributaria dovuta. Eventuali elementi di nullità hanno conseguenze dirette sulla pretesa stessa.
Nell’ambito penale, l’atto di accertamento perde la funzione di atto di impulso e diventa documento che veicola informazioni. Nel processo penale, è il Pm che promuove l’azione e l’accertamento diventa strumentale all’esercizio di tale azione, ma non è l’atto che l’incorpora. Infatti la sua disciplina non si rinviene nell’art. 42 del Dpr n. 600/73 bensì nell’articolo 191 del c.p.c.
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