Violazione di domicilio se il marito rimane in casa contro la volontà della ex moglie

Pubblicato il 05 febbraio 2015 E’ violazione di domicilio se il marito, pur se inizialmente introdottosi nell’abitazione della ex moglie con il consenso di questa, vi rimanga, nonostante poi la donna lo abbia ripetutamente intimato ad allontanarsi.

La rilevanza penale della condotta non è esclusa, se i fatti sono stati principalmente ricostruiti in base alle dichiarazioni della “persona offesa”.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 5315 depositata in data 4 febbraio 2015, con cui è stato rigettato il ricorso dell’imputato avverso la pronuncia di condanna per il reato di violazione di domicilio.

Quest’ultimo censurava, in particolar modo, la ricostruzione e la valutazione dei fatti di reato, effettuata quasi esclusivamente in base alle dichiarazioni rese dalla ex moglie, e dunque, a suo dire, in modo tale da inficiare la ragionevolezza della decisione impugnata.

Invero, la Cassazione, nella sentenza in esame, ha stabilito come le dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato, non siano affatto dotate di “affidabilità ridotta”.

Necessitano in ogni caso di un controllo circa le capacità percettive e mnemoniche del dichiarante e circa la corrispondenza al vero dei fatti dichiarati, desumibile dalla linearità logica della esposizione; controllo che nella fattispecie, è stato effettuato in maniera esaustiva.

Sarebbe dunque emerso, dalle testimonianza della ex moglie, così come anche confermata dal carabiniere, che il marito, pur se introdottosi nell’abitazione con il consenso della donna, vi sarebbe poi rimasto contro la sua volontà.

A detta della Suprema Corte, la condotta integra pienamente la fattispecie della violazione di domicilio, essendosi il marito allontanato dalla suddetta abitazione solo a seguito dell’intervento coercitivo della polizia.
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