L'accordo tra preponente e mediatore deve essere il più specifico possibile, precisando i casi in cui, a seconda dell'esito dell'affare, il mediatore avrà diritto alla provvigione. Su tale argomento si è incentrata la Corte di cassazione con sentenza n. 22357 del 2010.
Per i magistrati il preponente che affida la conclusione di un affare al mediatore è libero di rifiutare di chiudere il contratto, anche senza un giustificato motivo; al mediatore potrà spettare la sua parte di compenso in base all'attività posta in essere fino a quel momento.
Di fronte all'esistenza di una clausola tra preponente e mediatore che prevede il pagamento di tutta la provvigione pattuita anche senza che si sia addivenuti alla conclusione del contratto, sarà il giudice di merito a valutare se esiste una sproporzione tra le prestazioni e dichiarare nulla la clausola.
Anche davanti ad un rifiuto del preponente di concludere l'accordo a causa di un fatto taciuto al mediatore, pur essendo presente una responsabilità per violazione dei doveri di correttezza e buona fede, l'obbligo di pagare l'intera provvigione a titolo di clausola penale può essere considerato un fatto vessatorio.
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