Utilizzabili le prove penali nel giudizio tributario

Pubblicato il 18 dicembre 2010 Con la sentenza n. 25617 del 17 dicembre 2010, la Corte di Cassazione specifica l’utilizzabilità nel giudizio tributario di alcune prove acquisite in sede penale, nel caso in cui le stesse costituiscono fonte legittima di prova presuntiva. In più, la Corte sottolinea che tali prove possono essere utilizzate dal Fisco anche senza l’autorizzazione del magistrato penale. L’autorizzazione ha rilevanza ai fini della riservatezza delle indagini penali e non dei soggetti coinvolti. Dunque, si rischia di essere sanzionati se si trasmettono i dati al Fisco senza essere stati autorizzati, ma ciò non inficia l’efficacia probatoria degli stessi dati né la validità dell’atto impositivo.

Dunque, come sottolineano i giudici Supremi nella sentenza oggetto di analisi, l’accertamento fiscale può essere considerato valido anche se basato su fatture false e anche se non è stato provato l’accordo simulatorio per l’utilizzazione di tali fatture come mezzo per nascondere l’esistenza di società fittizie. La Corte respinge il ricorso del contribuente sostenendo che “la prova dell’inesistenza soggettiva o oggettiva della operazioni fatturate può essere ricavata da elementi di fatto di vario tipo e comunque non sono soltanto le cartiere ad emettere fatture false. Anche una società che opera regolarmente può, occasionalmente e/o sistematicamente emettere fatture false”. Di conseguenza, sono deducibili dal reddito i costi relativi a fatture soggettivamente inesistenti a condizione che siano riconducibili a elementi certi e precisi di cui il contribuente deve fornire la prova.
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