La Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, ha confermato la posizione dell’Agenzia dell’Entrate – accogliendone il ricorso – laddove ha imputato gli utili extracontabili, discendenti da una plusvalenza immobiliare, al socio unico di una società di capitali.
Presunzione ammessa – puntualizza la Corte – in base alla costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria (nella specie a socio unico), qualora siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, con inversione dell’onere della prova a carico dei soci medesimi, tenuti a provare di non aver percepito utili extracontabili ovvero che gli stessi siano stati accantonati o investiti.
In particolare, la vicenda trae origine da un accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate in rettifica della dichiarazione dei redditi presentata dalla società contribuente, recuperando a tassazione un reddito non dichiarato quale utile da plusvalenza occulta. Plusvalenza che era derivata da una serie di complesse operazioni di leasing immobiliare, riscatto, riacquisto, lease back, cessione e ristrutturazione di un immobile di pregio. Orbene, la Cassazione, con sentenza n. 24534 del 18 ottobre 2017, conferma sia l’accertamento della plusvalenza – nonostante la contribuente abbia tentato di smentirla producendo una nota interna rinvenuta presso una società terza - sia l’attribuzione degli utili al socio unico.
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