La Corte di cassazione ha confermato l’annullamento di un avviso di addebito notificato ad una lavoratrice autonoma.
Con il predetto avviso, l'INPS aveva intimato alla lavoratrice il pagamento di contribuzione previdenziale relativa alla gestione commercianti sui redditi derivanti dalla partecipazione pro quota ad alcune società a responsabilità limitata.
La statuizione di merito aveva ritenuto infondata tale richiesta, concludendo che gli utili derivanti dalla partecipazione a società di capitali non dovevano concorrere a costituire la base imponibile ai fini contributivi.
Contro queste conclusioni aveva promosso ricorso l’INPS, sottoponendo al vaglio di legittimità la soluzione della questione in oggetto, ed ossia se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un'attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell'anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa.
La Suprema corte, con ordinanza n. 18594 del 7 settembre 2020, ha ricordato come la specifica questione sia stata recentemente affrontata e risolta dalla sentenza di Cassazione n. 21540/2019.
In questa – hanno ricordato gli Ermellini – è stato sottolineato che poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d'impresa, così come definita dalla disciplina fiscale, e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, "ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi".
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