E‘ legittimo il licenziamento intimato dalla società al dipendente per abuso della connessione internet assegnata allo stesso per due mesi.
La Corte di cassazione, con sentenza 14862 del 15 giugno 2017, condivide quanto affermato nella pronuncia della Corte di appello territoriale, la quale ha cambiato il titolo del licenziamento da “giusta causa” a “giustificato motivo soggettivo”.
Infatti il lavoratore non aveva dato prova che la connessione fosse avvenuta per motivi di lavoro ed inoltre deve ritenersi pacifico che – per il numero di 47 connessioni e della durata dell’accesso (45 ore) – l’utilizzo di internet aziendale fosse avvenuto per fini personali non in modo sporadico od occasionale bensì in modo sistematico. E per il fatto che non si è parlato di lesione della condotta illecita all’attività lavorativa, la fattispecie deve essere ricondotta a licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Nella sentenza n. 14862/2017 è stato sostenuto un principio rilevante: deve ritenersi insussistente una violazione delle regole sulla riservatezza e privacy del dipendente in quanto l’azienda non ha analizzato quali siti siano stati visitati dal dipendente né il tipo di dati scaricati e quindi i dettagli del traffico internet non sono da ricondurre a dati personali in quanto non forniscono alcuna indicazione in merito alla persona e alle sue scelte politiche, religiose, culturali o sessuali.
Inoltre è stato ritenuto infondato il richiamo fatto dalla difesa del dipendente sui sistemi di controllo a distanza (art. 4, L. n. 300/70), essendo controllo a distanza l’attività che ha ad oggetto la prestazione lavorativa ed il suo esatto adempimento, ma non l’individuazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, idonei a ledere il patrimonio aziendale.
Stante il comportamento del lavoratore, consistente in un utilizzo della connessione internet aziendale per fini personali non sporadica od eccezionale ma sistematica visto il numero delle connessioni e la sua durata che integra una condotta intenzionale del lavoratore, deve ritenersi legittimo il provvedimento adottato del licenziamento.
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