A pochi giorni dalla definitività della condanna del nostro Paese sul tema di ergastolo ostativo, la Cassazione si è pronunciata in ordine alla possibilità della riduzione dei giorni per chi sia stato condannato alla pena perpetua.
Il condannato all'ergastolo a favore del quale sia stato riconosciuto il diritto al rimedio riparatorio per aver subito, durante la restrizione, un trattamento contrario al senso di umanità, ha diritto alla riduzione di pena in forma specifica o può solo beneficiare del rimedio residuale del cd. ristoro patrimoniale?
La Prima sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 41649 del 10 ottobre 2019 ha risposto a questa domanda annullando, con rinvio, la decisione con cui il Tribunale di sorveglianza aveva escluso la possibilità di un ristoro specifico in favore di un uomo, condannato all’ergastolo per fatto “ostativo”.
Ad avviso dei giudici di merito non si sarebbe potuta ammettere, concettualmente e giuridicamente, alcuna detrazione in fase di espiazione e questo in considerazione sia del testo normativo dell’art 35-ter Legge n. 354/1975, sia della natura della pena in esecuzione e della mancanza di una norma come l'art. 54 della Legge n. 354 medesima.
L’unico rimedio possibile sarebbe stato, pertanto, quello accordato del ristoro economico.
Tali conclusioni non hanno convinto la Suprema corte la quale ha ricordato le diverse pronunce con cui, in materia, sono intervenute sia la Corte costituzionale sia la Corte di Strasburgo, come da ultimo per il caso “Viola” sopra accennato.
Il riconoscimento della riparazione specifica - è stato così ritenuto - potrebbe invocarsi “anche là dove non si sia ancora assunta la decisione di collaborare e, dunque, non si sia attualizzato l'interesse a ottenere la misura penitenziaria o altro beneficio”.
Difatti, la scelta di collaborare non è, invero, sottoposta a limiti temporali e anche il detenuto che sia stato in detenzione non conforme, per fatti cd. ostativi, ha facoltà di maturare quella decisione nel corso del suo trattamento, in funzione dell'accesso ai benefici stessi che, in difetto, gli risulterebbero preclusi.
Ne consegue “il diritto di imputare alla detenzione in essere anche quella che sia stata riconosciuta ex art 35-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 come contraria al principio di umanità”.
Quello introdotto dall'art. 35-ter citato – si legge nella decisione - è un istituto essenzialmente risarcitorio che assicura la riparazione per la lesione inferta: si tratta del ripristino della sfera giuridica violata, attraverso il trattamento non conforme.
Con esso si prevede una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.
In detto contesto, escludere la possibilità che il condannato all'ergastolo possa scegliere di beneficare della riparazione in forma specifica, significherebbe incidere su prerogative del singolo detenuto, in quanto “la norma conforma il diritto alla riparazione alla pena detentiva espiata in condizioni contrarie al principio di umanità, ponendo quale referente di valutazione la restrizione in generale (temporanea o perpetua che sia)”.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".