Telefonata divulgata su testata on line. Non è diffamazione se di pubblico interesse

Pubblicato il 26 maggio 2017

La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale, non contrasta con il rispetto della vita privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in regione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata, se tuttavia le notizie o i dati non abbiano alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, respingendo la domanda risarcitoria dell’allora comandante dei Vigili del fuoco di un determinato Comune, per avere una società editrice (ed il relativo responsabile di un quotidiano) pubblicato il testo integrale di una sua telefonata abusivamente captata e diffusa, e per aver reso disponibile il file audio contenente la medesima, pubblicandolo, mediante download gratuito, sulla testata internet del giornale.

La domanda di risarcimento, in particolare, era basata sulla diffamazione a mezzo stampa che ne era derivata ed i conseguenti gravi pregiudizi, per cui il ricorrente si era dovuto dimettere sia da comandante dei Vigili del fuoco che da dipendente comunale. A tutto ciò si aggiungeva – lamentava quest’ultimo – la lesione del diritto alla riservatezza dei dati personali sensibili contenuti nel colloquio telefonico.

Entro il limite di cronaca, la pubblicazione è legittima

Ma la Corte, confermando quanto già dedotto dai giudici d’appello, ha ritenuto nella specie non sussistenti i presupposti per la diffamazione a mezzo stampa, dal momento che quanto pubblicato rispettava il limite legittimo del diritto di cronaca (per interesse pubblico alla notizia, verità storica dei fatti riportati e continenza espositiva). Il Supremo Collegio, con ordinanza n. 13151 del 25 maggio 2017, ha oltretutto appurato che il provvedimento del Garante della privacy – il quale, adito sul caso, aveva accertato l’illegittimità della diffusione – non potesse vincolare il giudice ordinario, che ha di fatto correttamente ed autonomamente proceduto al bilanciamento dei contrapposti interessi tra il diritto di cronaca ed il diritto alla riservatezza, optando per la prevalenza del primo sul secondo, dunque per la legittimità della pubblicazione.

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