Tavolo tecnico su equo compenso dei professionisti: le prime proposte

Pubblicato il 04 luglio 2019

Si è tenuta ieri, 3 luglio, la prima riunione del Tavolo tecnico sull’equo compenso, istituito dal ministero della Giustizia con il coinvolgimento degli Ordini professionali.

Un Tavolo tecnico che ha come obiettivo quello di pervenire ad una disciplina organica della misura dell’equo compenso, eliminando le attuali criticità e assicurando, ai liberi professionisti, un compenso sempre proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto.

Alla riunione è intervenuto anche il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, il quale, nel portare il proprio saluto, ha evidenziato che la questione relativa all’applicazione dell’equo compenso non è meramente economica “ma riguarda la dignità dei professionisti e il livello del contributo che essi apportano alla società”.

Estensione alla Pa e a imprese con più di 50 dipendenti

Durante l’incontro, sono state illustrate, dal sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, le prime proposte elaborate dagli uffici del ministero al fine di approdare ad una riforma quanto più condivisa in materia.

Tra le altre misure, si è parlato:

Morrone: riforma non più rinviabile

L’obiettivo espresso dal sottosegretario Morrone, presidente del Tavolo tecnico, è di “valorizzare l’attività dei professionisti che hanno un peso importante e un ruolo di primo piano nella nostra società”.

Secondo il rappresentante del dicastero, si tratterebbe di una riforma non più rinviabile, per consentire alle libere professioni di recuperare centralità nel sistema Paese.

Giudizio, questo, condiviso anche dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, il quale, a margine dell’incontro, si è detto particolarmente soddisfatto dell’istituzionalizzazione del confronto tra ministero della Giustizia e Ordini professionali attraverso l’apertura di un tavolo ad hoc.

Miani ha anche evidenziato l’esigenza dell’avvio di un ragionamento “per estendere l'applicazione dell’equo compenso quantomeno a tutte le attività professionali che abbiano un carattere di interesse pubblico”, come nel caso delle attività svolte dai collegi sindacali.

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