Secondo la Corte costituzionale, sulla tassa automobilistica il legislatore ha riconosciuto alle Regioni un più ampio margine di autonoma disciplina, limitato dal vincolo “unidirezionale” di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dalla legge statale.
La valenza attribuita al bollo auto è infatti “differenziata, sia rispetto ai tributi propri autonomi, sia rispetto ai tributi propri derivati”.
La tassa si configura “come un tributo proprio derivato particolare”, parzialmente “ceduto”, proprio perché alle Regioni è riconosciuto il già citato margine di autonomia.
Ne discende che la tassa automobilistica è definibile come un tertium genus, rispetto al quale le Regioni possono sviluppare una propria politica fiscale “che, senza alterarne i presupposti strutturali e senza superare i limiti massimi di manovrabilità definiti dalla legge statale, possa rispondere a specifiche esigenze di differenziazione”.
E per sviluppare un’autonoma politica fiscale in funzione di specifiche esigenze, le Regioni possono introdurre esenzioni anche se non previste dal legislatore statale. L’importante è che non aumentino la pressione fiscale oltre i limiti fissati dalla legge dello Stato.
E’ quanto si legge nel testo della sentenza n. 122 del 20 maggio 2019, con cui la Consulta ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, della Legge della Regione Emilia-Romagna n. 15/2012 (Norme in materia di tributi regionali).
In particolare, è stata accolta la questione di legittimità costituzionale sollevata per quel che concerne il rapporto tra la norma regionale e quella statale, vigenti ratione temporis.
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