La dichiarata finalità della procedura di attribuzione dei benefici economici di cui al bando “Impresa Sicura” è quella di “sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese”.
La norma contenuta nell’art. 43, comma 1, del DL “Cura Italia” non è, pertanto, letteralmente applicabile ai liberi professionisti.
La scelta del legislatore di riservare le agevolazioni in oggetto alle imprese non può ritenersi manifestamente illogica o irrazionale, tenuto anche conto dell’attribuzione, alla categoria dei professionisti, di diverse forme di sostegno economico.
Sono queste le motivazioni con cui il Tar del Lazio, con ordinanza n. 5221 del 6 agosto 2020, ha respinto l’istanza cautelare avanzata dalla Confederazione Italiana Libere Professioni – Confprofessioni, ai fini dell'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del bando “Impresa Sicura”, nella parte in cui viene richiesta l’iscrizione al Registro delle Imprese ai fini dell’accesso al rimborso, con esclusione, quindi, dei liberi professionisti dalla fruizione del beneficio.
Contestualmente, Confprofessioni aveva chiesto l’ammissione dei medesimi professionisti alla possibilità di presentazione della domanda volta all’accesso al rimborso.
Il bando in oggetto – si rammenta - consente alle imprese di ottenere il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale finalizzati al contenimento del Coronavirus.
Nel testo della decisione, il tribunale amministrativo capitolino ha anche sottolineato - oltre alle motivazioni sopra riportate - la mancata allegazione, da parte della ricorrente, di un pregiudizio di natura irreparabile in capo alla categoria dei professionisti esclusa dal beneficio; nel ricorso, difatti, erano state dedotte “solo generiche conseguenze patrimoniali, come tali integralmente ristorabili in caso di acclarata fondatezza dei motivi di ricorso”.
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