Svolta nel Ddl diffamazione: cancellazione del carcere per i giornalisti

Pubblicato il 30 ottobre 2014 Il Senato, in data 29 ottobre, ha approvato - 170 voti a favore, 47 contrari e 10 astenuti - il disegno di legge di riforma del reato di diffamazione. Il testo torna ora alla Camera.

No al carcere per diffamazione

La nuova formulazione presente nel provvedimento rappresenta un grande passo avanti verso la completa libertà di stampa. Infatti per il giornalista che diffama a mezzo stampa o attraverso radio/televisione è prevista la sostituzione della detenzione con una sanzione fino a 10.000 euro, che può aumentare a 50.000 se l’offesa consiste nell’attribuire un fatto che poi si rivela falso e la diffusione è avvenuta conoscendo la sua falsità.

Rettifiche

Per quanto riguarda la rettifica, il testo prevede che sia pubblicata gratuitamente entro due giorni dal ricevimento della richiesta: non deve essere commentata e né avere un titolo. Ciò vale anche per le testate online. Non si deve procedere alla pubblicazione della rettifica quando è “documentalmente falsa”.

La rettifica pubblicata secondo le norme sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità sia per il direttore responsabile che per il giornalista.

Può essere disposta l'interdizione da uno a sei mesi dalla professione qualora vi sia recidiva reiterata.

Con riferimento ai quotidiani online, è stabilito che la persona offesa può chiedere che siano eliminati da siti e da motori di ricerca i contenuti diffamatori o i dati personali trattati “in violazione di legge”: in caso di rifiuto, si può ricorrere al giudice.

Querele temerarie

Una novità è rappresentata dall'introduzione di un deterrente contro la presentazione di querele temerarie, avviate per intimidire il giornalista.

Se lo richiede il convenuto, il giudice, con la sentenza di rigetto, può condannare chi ha inoltrato la querela oltre che pagamento delle spese anche al pagamento di una somma in via equitativa.

Direttore responsabile

Fuori dei casi di concorso con l'autore dell'articolo, il direttore non risponderà più a titolo di colpa, tranne i casi in cui il fatto sia conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza della pubblicazione.

La pena è comunque ridotta di un terzo ed è esclusa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione.
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