In materia di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionabile, ai sensi dell'articolo 13 del Decreto legislativo n. 471/1997, ogni qualvolta la compensazione sia utilizzata in assenza dei relativi presupposti.
E la misura della sanzione prevista “ex lege” non può essere ridotta dal giudice di merito per circostanze eccezionali ai sensi dell'articolo 7, comma 4 del Decreto legislativo n. 472/1997, in assenza di alcuna prova fornita dalla parte contribuente.
E' quanto precisato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 11522 depositata il 4 giugno 2015, e con cui è stato accolto il ricorso promosso dall'agenzia delle Entrate contro la decisione con cui i giudici di merito avevano ridotto una sanzione irrogata nei confronti di una società contribuente per aver omesso il versamento dell’Iva relativa all'anno 2006.
Aderendo alle deduzioni della ricorrente, la Suprema corte ha ritenuto che lo sforamento della soglia del plafond dei crediti compensabili in dichiarazione comportava il mancato versamento dell'Iva per la parte non ammessa in compensazione, con la conseguente applicazione della sanzione nella misura prevista del 30%, non riducibile per la totale assenza, e dimostrazione, di circostanze eccezionali che rendevano manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo e la sanzione.
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