Sarà la Corte di giustizia europea a dover dissipare i dubbi interpretativi sorti circa la vigenza di termini differenti in materia Iva per presentare la richiesta di rimborso, termini che cambiano a seconda del soggetto proponente e del rimedio offerto dalla legge a tali differenti soggetti.
Tale è il contenuto dell'ordinanza interlocutoria del 17 agosto 2010, n. 18721, della Corte di cassazione; in particolare i giudici italiani interrogano i colleghi della Ue sulla valenza della legge italiana che prevede per il cessionario/committente un termine, per il rimborso dell’Iva pagata a torto come indebito oggettivo di diritto comune, assai più lungo rispetto a quello stabilito per il cedente o prestatore del servizio. Ciò provoca la paradossale situazione per cui la domanda del primo, se presentata quando il termine per il secondo è già scaduto, può dar luogo alla condanna al rimborso del secondo senza che costui possa agire per il rimborso verso l'Amministrazione finanziaria.
Altra questione pregiudiziale attiene alla compatibilità con i principi comunitari di una prassi che permette l'emanazione di una sentenza di rimborso a carico del cedente/prestatore del servizio e a favore del cessionario/committente che non aveva esercitato l'azione per il diritto al rimborso di fronte ad altro giudice nei termini per lui previsti.
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