Su sanzioni e “reverse” soluzione incompleta
Pubblicato il 11 marzo 2009
E’ doppia la questione intorno al regime di inversione contabile come illustrato nei giorni scorsi dalle Entrate: se sia idoneo un documento di prassi agenziale – che, essendo un atto a contenuto ed effetto amministrativo non integra o corregge la legge ma esprime un orientamento dell’Amministrazione delle finanze che, oltretutto, può mutare in un successivo provvedimento - per recepire le indicazioni della CGCE (sentenze 95/07 e 96/07) e se sia idoneo l’effetto sanzionatorio, rimasto praticamente immutato dallo scenario precedente. In attesa di un intervento del Legislatore, qui auspicato, è bene ricordare – in ordine al primo problema - le indicazioni della Corte di Giustizia delle Comunità europee sul
reverse charge, che rappresentano una fonte di diritto sovrastante, direttamente estensibili al diritto interno. A quelle si deve guardare in assenza di integrazione normativa, che quasi non è più necessaria quando il principio fissato dalla CGCE è già innestato nell’impianto interno. Sul secondo punto controverso, delle sanzioni, l’indicazione fornita dalla prassi amministrativa richiama l'articolo 6, comma 9 bis, del dlgs 471/1997: "piena" applicazione quando l’autofattura viene emessa in ritardo, salva la riduzione “tecnica” del ravvedimento operoso. Ma nel testo della disposizione evocata, la riduzione della sanzione al 3 per cento è limitata all’irregolare versamento e al plafond di 10mila euro per le infrazioni commesse tra il 2008 e il 2010. Questa sanzione di favore non può trovare applicazione per le autofatturazioni esterne e per le integrazioni delle operazioni intracomunitarie, intendendo trattare con benignità le sole ipotesi di errore nel versamento dell’Iva da parte del fornitore quando l’operazione doveva essere autofatturata dal cliente e viceversa, cioè le ipotesi di inversione contabile “interna”, applicata ad esempio nell’edilizia. Un’impostazione irragionevole che, da un lato, riconosce la detrazione (con l’effetto di assorbire il danno erariale), dall’altro usa la sanzione piena, nella stessa misura dovuta per l’infrazione che generi un danno erariale effettivo. In attesa, anche per le sanzioni, di un intervento di legge che ampli lo spettro applicativo della riduzione percentuale della sanzione e depenni il limite temporale per la fruizione del plafond, va rievocato il principio alla base dell’articolo 10, comma 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, secondo cui la sanzione può essere irrogata quando l’infrazione “
si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta”.