La Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’agenzia delle Entrate in merito alla indeducibilità dei compensi erogati agli amministratori se non sono stati espressamente approvati dall’assemblea dei soci.
Contro le sentenze delle commissioni tributarie, che avevano annullato gli avvisi di accertamento elevati contro una srl per la ripresa a tassazione di Ires, Irap e Iva per gli anni dal 2005 al 2007, le Entrate hanno presentato ricorso per cassazione. In particolare, la Ctr aveva riconosciuto la deducibilità del compenso agli amministratori, da parte della srl, in quanto trattavasi di società di capitali a ristretta base (due soli soci anche amministratori) e l’assemblea di approvazione del bilancio poteva contenere anche argomenti non inseriti nell’ordine del giorno.
I magistrati della Suprema Corte hanno ritenuto fondato il ricorso delle Entrate affermando che quando la misura del compenso degli amministratori di società di capitali non è stabilita nell'atto costitutivo, è necessaria “un'esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio”.
Infatti l’approvazione in sé del bilancio, anche se contiene la posta contabile relativa ai compensi degli amministratori, non può valere ai fini dell’approvazione dei compensi agli amministratori, posto che il codice civile richiede l’approvazione di due diverse delibere, salvo che l’assemblea non abbia espressamente discusso ed approvato la determinazione degli stessi.
Aggiunge l’ordinanza n. 11799, depositata l’8 giugno 2016, che la preventiva delibera assembleare è funzionale alla certezza del costo.
A tali principi non si è attenuta la Ctr che ha ammesso la deducibilità di tali costi nonostante fossero inseriti genericamente all’interno della delibera di approvazione del bilancio, senza controllare che vi fosse una approvazione specifica della proposta di determinazione dei compensi agli amministratori.
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