Secondo la Corte di cassazione – sentenza n. 1869 depositata il 1° febbraio 2016 - è da ritenere consumatore abilitato al piano di ristrutturazione da sovraindebitamento solo il debitore che, persona fisica, risulti aver contratto obbligazioni non soddisfatte al momento della proposta del piano medesimo, per far fronte ad esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi.
Dette obbligazioni, tuttavia, non devono avere avuto riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria, salvo gli eventuali debiti di cui all’articolo 7, comma 1, terzo periodo della Legge n. 3/2012 derivanti da tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, Iva e ritenute operate e non versate, che sono da pagare in quanto tali, sulla base della verifica di effettività solutoria.
La nozione di consumatore di cui alla citata normativa non ha, infatti, riguardo in sé e per sé ad una persona priva, dal lato attivo, di relazioni d’impresa o professionali, potendo, il soggetto ammesso al piano, anche svolgere l’attività di professionista o di imprenditore.
L’articolo 6, comma 2, lettera b) della Legge n. 3/2012 esige, però, una specifica qualità della sua insolvenza finale, ed ossia in essa non possono comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività (professionali o imprenditoriali) ovvero, comunque, esse non devono più risultare attuali.
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